U-BOT 576
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L'ANDREA DORIA E L'AFFONDAMENTO DEL LACONIA
Adriano Betti Carboncini
pp. 68 anno 2020 € 15,00 ill B/N
EAN 9788866152002
Collana Libri del mare n. 9
 
 
L'ANDREA DORIA e L'AFFONDAMENTO DEL LACONIA

 

L'Andrea Doria rappresentava uno dei più prestigiosi transatlantici della Marina Mercantile Italiana, la quale cercava di riassumere il proprio prestigio dopo il secondo conflitto mondiale. Il 25 Luglio 1955, all’altezza delle coste del Nantucket, diretta a New York, l'Andrea Doria venne in collisione con il transatlantico Stockholm, armato dalla compagnia di navigazione Swedish-American Line. Quarantasei passeggeri decedettero al momento della collisione, insieme a sei marinai dello Stockholm. Dopo undici ore l’Andrea Doria affondò. Poi, dopo il sinistro, il processo si concluse con una conciliazione extragiudiziale. Tanto le parti italiane, quanto quelle svedesi si accusarono reciprocamente. La Swedish-American Line subì in tutto danni per circa due milioni di dollari, metà per le riparazioni e metà per l’impossibilità di impiegare ancora a lungo lo Stockholm. La Società Italia Navigazione ebbe danni per oltre trenta milioni di dollari.
Il presente libro si articola in cinque capitoli: la Società Navigazione Italia e il transatlantico Andrea Doria; la collisione; il processo; navi che intervennero in soccorso dei naufraghi dell’Andrea Doria; immersioni sul relitto dell’Andrea Doria.

Il Laconia era transatlantico varato bel 1922 ed appartenente alla compagnia di navigazione Cunard White Star Line della stazza lorda di 19.625grt. Era comandato dal capitano Rudolf Sharp. Durante il secondo conflitto mondiale venne trasformata dagli inglesi in una nave mercantile armata per il trasporto di truppe.
La notte del 12 settembre del 1942, il Laconia fu intercettato e silurato dal tesesco U-Boot 156 al largo delle coste africane, in pieno Oceano Atlantico.
Il presente libro si compone di tre capitoli, nei quali ci intratteniamo sui seguenti argomenti: il naufragio; il recupero dei naufraghi; caratteristiche tecniche principali dei mezzi navali che a diverso titolo furono coinvolti nell'affondamento del Laconia.

 
 

NAVE TRAGHETTO GARIBALDI
PORTO VENEZIA

Adriano Betti Carboncini
pp. 102 anno 2020 € 15,00 ill col. e, B/N
EAN 9788866152200
Collana Libri del mare n. 10


 
 

NAVE TRAGHETTO GARIBALDI e PORTO VENEZIA

I problemi della navigazione a Venezia e nella sua laguna

 

Il primo cenno ufficiale di una linea di navi-traghetto delle Ferrovie dello Stato tra continente e Sardegna fu fatto alla Camera dei Deputati il 24 ottobre 1955, durante il dibattito sul bilancio dei Trasporti. Nel luglio 1957 il Comitato dei Ministri per il Mezzogiorno decise l’istituzione della nuova linea sotto la gestione delle Ferrovie dello Stato, e incluse il finanziamento delle navi-traghetto occorrenti nel Piano Supplementare di Sviluppo della Cassa del Mezzogiorno. Ebbe allora inizio l’iter burocratico che portò nel giro di cinque anni alla realizzazione della linea di navigazione delle Ferrovie dello Stato tra Civitavecchia e Golfo Aranci.
Nel presente libro viene tracciata la storia della realizzazione della menzionata linea, dall’impiego delle prime due navi-traghetto (Tyrsus ed Hermaea) alle ultime unità costruite (Garibaldi e Logudoro), nonché delle numerose navi-traghetto che nel tempo da Messina furonoinviate in sussidio al servizio della rotta sarda.
Riteniamo opportuno articolare il presente libro in due parti. Nelle prima parte ci soffermiamo sulla particolare tecnologia della nave-traghetto “tuttomerci” Garibaldi, prima e unica unità ad alta tecnologia della flotta delle Ferrovie dello Stato. Nella seconda parte tracciamo la storia completa delle navi-traghetto delle Ferrovie dello Stato in servizio tra Civitavecchia e Golfo Aranci.

Il presente libro, che tratta degli attuali problemi della navigazione marittima a Venezia, si compone di quattro parti, nelle quali ci soffermiamo, con criteri di proporzione, sugli argomenti seguenti: il porto di Venezia dalle origini fino agli anni ’30 del ventesimo secolo; l’epoca delle grandi navi da crociera; navi-traghetto e “ general cargo ships ”; problemi concernenti la navigazione nei canali cittadini. Il primo febbraio 1830 l’Austria, che dedicava speciale attenzione a Venezia, dichiarò la città porto franco al fine di sviluppare i suoi commerci. Poiché la bocca del porto del Lido, soggetta a un progressivo interrimento, venne gradualmente abbandonata, le navi confluivano sulla bocca del porto di Malamocco, la cui navigabilità era stata migliorata mediante lo scavo di più canali, i quali rendevano possibile alle navi di giungere fino all’interno della città. Dal 1859 al 1865 il traffico portuale di Venezia diminuì da 4.581 navi (per 436.000 tonnellate di stazza lorda) a 3.788 navi per 292.000 tonnellate.... Nel 1869 ebbero inizio nell’area di Santa Marta i lavori di costruzione della nuova stazione marittima, i quali furono completati nel marzo 1880. Successivamente, per abbreviare i tempi di percorrenza, fu deciso di riaprire la bocca del Lido e nel 1882 ebbero inizio i lavori di scavo del basso fondale e della costruzione di due dighe, così come era stato fatto per la bocca di Malamocco. La nuova stazione fu collegata alla ferrovia mediante due ponti in ferro. Grazie a questi interventi Venezia restò il secondo porto d’Italia per il traffico merci.
Negli anni della Grande Guerra fu realizzato, nell’area detta dei Botttenighi, il porto di Marghera con l’annessa zona industriale. Il nuovo scalo favorì la crescita del porto di Venezia, il quale mantenne la posizione di secondo porto merci italiano con un movimento di 2.800.000 tonnellate.

 
 

 EAN 978886615 157-9

COSTA CONCORDIA. LA STORIA E IL NAUFRAGIO

Adriano Betti Carboncini, ill. 400 foto, pp.204 anno 2017 € 20,00, I libri del mare n. 6

 

 

 

 

 
 
 
COSTA CONCORDIA, LA STORIA IL NAUFRAGIO

Potremmo far risalire l'origine dell'attività della Costa alla metà dell'Ottocento, quando le navi dell'armatore genovese Giacomo Costa, già commerciante ed esportatore di olio di oliva e di tessuti, raggiungevano porti australiani; e quasi un trentennio dopo le Americhe e l'Oceania. Nel 1957, l'attività dell'azienda, la cui ragione sociale diventò Costa Armatori S.p.A., si estese alla navigazione per trasporto passeggeri; ma solo nel 1985, cedute ad altri le attività nel settore alimentare e tessile, la Famiglia Costa indirizzò i suoi interessi sul settore crocieristico, pur non abbandonando del tutto il trasporto merci.
La prima nave da crociera messa in linea fu la Costa Riviera (1985–2002), alla quale fecero seguito: Carla Costa (1986–1992), Enrico Costa (1987–1994), Eugenio Costa (1987–1997), Costa Marina (1988–2011), Costa Classica (1991). Ricordiamo che questa nave (52.926 tsl) fu il più grande transatlantico costruito in Italia dopo il Rex (1931, 53.048 tsl; 51.061 tsl dopo le modifiche del 1936).
Nel 1986 l'azienda genovese assunse la nuova –e attuale– ragione sociale di Costa Crociere SpA., il cui azionista di maggioranza rimase la Famiglia Costa. Nel primo anno di attività la nuova azienda produsse un fatturato di circa 240 miliardi di lire e trasportò oltre 160.000 crocieristi. Negli anni che seguirono la flotta di Costa Crociere fu incrementata con le navi seguenti: Costa Allegra (1992–2012), Costa Romantica (1993, dal febbraio 2012 Costa neoRomantica). Nel 1995 Costa Crociere
realizzò un fatturato di circa 862 miliardi di lire e trasportò circa 300.000 crocieristi in tutto il mondo.
Il pacchetto di maggioranza di Costa Crociere venne acquisito nel 1997 da Carnival Corporation & Carnival Plc (struttura societaria alquanto complessa, con sedi rispettivamente a Miami in Florida e a Londra), gruppo che mediante le compagnie di navigazione da esso controllate disponeva di 88 navi da crociera, capaci di trasportare annualmente oltre due milioni di crocieristi. Nel 2011 il fatturato di Costa Crociere raggiunse circa 3.1 miliardi di euro e furono trasportati con le sue navi oltre 2,3 milioni di crocieristi. La compagnia era il più grande gruppo turistico italiano e il primo in Europa, a cui appartenevano i marchi AIDA Cruises e Iberocruceros. La sede era ed è a Genova......


 

La tragedia della Costa Concordia, grande nave da crociera naufragata la sera del 13 gennaio 2012 a ridosso della costa orientale dell'isola del Giglio, come tanti testimoni hanno riferito e circostanze avvalorato, fu attribuita all'osservanza di quella pratica marittima –meglio sarebbe definirla bravata– conosciuta con il nome di “inchino”, ora vietata per legge. Fare l'inchino con una nave significava passare sottocosta a un'isola o a una determinata località per un suggestivo saluto da bordo alla gente del posto con sfavillio di luci e suono prolungato di sirene. Talvolta questi passaggi ravvicinati erano autorizzati dalla compagnia di navigazione armatrice della nave a scopo pubblicitario, altre volte erano fatti per iniziativa del comandante della nave stessa; comunque, essi costituivano una consuetudine abbastanza diffusa.
Innegabilmente la tradizione dell'inchino comportava dei rischi, evitabili se fossero state rispettate le norme di navigazione e non si fosse messa in gioco la sicurezza; ma nel caso della Costa Concordia qualcosa non andò per il verso giusto, tanto che la nave naufragò in vicinanza di una scogliera, con il terribile bilancio di trenta vittime e due dispersi e della perdita della nave. Se questa fosse affondata circa 100 metri più al largo, si sarebbe verificata una strage di ben maggiori dimensioni. Secondo alcuni protagonisti del sinistro, i passeggeri della Costa Concordia rivissero a distanza di un secolo la tragedia del Titanic, il grande transatlantico che nel suo primo viaggio –anno 1912– affondò nell'Oceano Atlantico per aver urtato un iceberg, questa volta con il terrore vissuto dal vero e non in una sala cinematografica.
In queste pagine, dopo essersi soffermati sull'origine e sull'attività di Costa Crociere, compagnia di navigazione genovese armatrice della Costa Concordia, e dopo aver illustrato le caratteristiche di questa nave, ripercorriamo in ordine cronologico le fasi salienti delle tragiche vicende che furono conseguenza dello sciagurato inchino della sera del 13 gennaio 2012 di fronte a Giglio Porto: il naufragio, il disordinato salvataggio dei passeggeri, la corsa contro il tempo per scongiurare un incalcolabile danno ambientale all'isola del Giglio e al delicato ecosistema dell'Arcipelago Toscano e al santuario dei cetacei, i progetti per la rimozione del relitto dal Giglio e fatti successivi fino alla demolizione del relitto della nave.
Ci auguriamo che questo lavoro, di non grandi pretese, serva a ritornare in maniera alquanto sintetica, ma ordinata e con terminologia appropriata a un argomento di mare, su vicende delle quali i media hanno abbondantemente riferito, talvolta –diciamolo pure– con improprietà di linguaggio tecnico; tanto da confondere la stazza di una nave con il suo dislocamento, espressioni tra di loro di ben diverso significato.
Come si comprende, in questo testo vengono ripercorse le fasi salienti del tragico sinistro preferendo evidenziare aspetti tecnici delle operazioni di recupero del relitto che ne seguirono, argomenti che i media e autori di libri già pubblicati hanno tenuto in secondo piano, avendo scelto di intrattenersi principalmente su aspetti emotivi, di sofferenza e giudiziari dell'intera vicenda.

 
 

 ean 9788866151272

FERROVIE E TRAMVIE A ROMA E DINTORNI Nei ricordi dell'Autore Adriano Betti Carboncini p 110. € 15,00 17x24 Bross. Ill. foto 2016. Biblioteca di storia n. 22
 
 
FERROVIE E TRAMVIE A ROMA E DINTORNI Note e ricordi dell'autore.
Nativo della provincia di Livorno, ho trascorso l’infanzia e la gioventù a Roma. Difatti, fui nella capitale dall’agosto 1931 (allora avevo sei mesi di età) al giugno 1953, quando, per motivi di lavoro, mi trasferii a Torino e successivamente in altre città del centro nord, pur facendo frequenti viaggi a Roma per rivedere i genitori e gli amici.
Fin da piccolo sono stato un attento osservatore delle locali infrastrutture di trasporto pubblico, particolarmente ferrovie e tramvie. Questo interesse andò via via crescendo e mi consentì di raccogliere note e appunti che in seguito sarebbero serviti alla scrittura di una trentina di saggi in materia di trasporti pubblici. Fin da bambino disponevo di una Kodak a obiettivo fisso risalente al 1922, poi nel gennaio 1953 acquistai una macchina fotografica degna di questo nome; ma negli anni precedenti non potei documentarmi su molti interessanti fatti. Per questo motivo il presente libro non costituisce un saggio, bensì una raccolta di notizie e di ricordi personali, che talvolta sembrano uscire dal filo conduttore degli argomenti trattati; compresi negli anni del secondo conflitto mondiale e in quelli immediatamente successivi.
Chiaramente, non pretendo di voler esaurire argomenti così vasti e complessi sui quali dispongo di insufficienti testimonianze fotografiche. Tuttavia, pur consapevole dei limiti del presente volume, intendo pubblicarlo ugualmente, al fine di mettere a disposizione dei cultori della materia in argomento fatti che potrebbero restare sconosciuti.
Il presente libro si articola in più parti, tra di loro non congiunte né in sequenza, in considerazione che esso tratta principalmente di un insieme di ricordi personali su argomenti tra di loro differenti. Inoltre, ho ritenuto utile intrattenermi su fatti e situazioni verificatisi prima della mia nascita e in anni della mia infanzia.

 
 

 ean 9788866151289

LA FERROVIA CAMPIGLIA MARITTIMA PIOMBINO, Piombino e l'industria siderurgica piombinese, Adriano Betti Carboncini p 92. € 15,00 17x24 Bross. Ill. foto . Biblioteca di storia n. 21

 

 

 
 
LA FERROVIA CAMPIGLIA MARITTIMA- PIOMBINO

Premessa

La ferrovia Campiglia Marittima – Piombino fu aperta all’esercizio nel maggio 1892. La sua realizzazione fu promossa e sostenuta dalle insistenti richieste delle popolazioni dell’isola d’Elba dell’Alta Maremma, nonché da interessamenti delle società metallurgiche piombinesi. La storia di questa linea è strettamente legata alle vicende dei citati stabilimenti, che sorsero negli anni 1865-1866. Pertanto, riteniamo opportuno che nel presente libro le argomentazioni relative alla ferrovia e agli stabilimenti vengano trattate congiuntamente e in sequenza.
La ferrovia in questione è lunga poco più di 13 km; ma fin dalla sua attivazione ha rivestito un ruolo fondamentale che va ben oltre l’assolvimento delle tradizionali relazioni di traffico. In particolare, essa costituisce una via di comunicazione tra il continente e l’isola d’Elba e, in tempi più recenti, anche con la Sardegna e la Corsica: ciò senza parlare delle industrie siderurgiche piombinesi. Ecco il motivo che suggerito di dedicare alla ferrovia Campiglia Marittima – Piombino questo libro.
Nel primo capitolo ci intratteniamo sulla nascita e sullo viluppo dei primi stabilimenti siderurgici di Piombino; poi sulla costruzione delle ferrovia Campiglia Marittima – Piombino e del suo sviluppo fino al termine del secondo conflitto mondiale.
Il secondo capitolo tratta del periodo compreso tra gli anni della ricostruzione postbellica e i giorni nostri. In esso vengono elencati i numerosi sviluppi avuti dalla ferrovia Campiglia Marittima – Piombino e, notevoli, degli stabilimenti siderurgici. Qui ci soffermiamo sui numerosi mutamenti di ragione sociale, su alleanze, su fusioni societarie, ecc. Dopo la crisi finanziaria che colpì le acciaierie e la conseguente sospensione della produzione, descriviamo le prospettive di ripresa delle attività e in quale maniera si giunse alla risoluzione del problema.
Nel terzo capitolo ricordiamo alcuni fatti notevoli che si verificarono sulla ferrovia in argomento: maggiore di tutti il tragico scontro che avvenne nel febbraio 1934 tra due treni, uno dei quali composto da un’automotrice – mezzo allora noto come littorina – nel quale 16 persone perirono e 11 rimasero ferite.
Il quarto e ultimo capitolo è dedicato al materiale di trazione che fu – e che viene – impiegato sulla ferrovia Campiglia Marittima – Piombino, nonché a quello impiegato selle reti interne dei locali stabilimenti.

 

 

 

 

 

 

  

EAN 9788866150008

NAUFRAGI, ABBORDAGGI, STORIE DI MARE, Adriano Betti Carboncini p 244. € 20,00 17x24 Bross. Ill. foto B/N 230, Col. 1; Coll. I libri del mare n. 5
 
 
 

NAUFRAGI, ABBORDAGGI, STORIE DI MARE
È abbastanza ampia la letteratura concernente l’epopea di navi, dai velieri di un tempo pieni di fascino a più recenti prestigiose navi passeggeri e perfino a umili navi da carico disponibili per qualsiasi uso: le cosiddette carrette del mare. E si contano non pochi cultori di tale argomento, tanto che esistono, peraltro non numerose, anche opere specifiche sugli affondamenti di celebri transatlantici, quali il Titanic, il Lusitania e altri.
Sono assai rari, invece, libri che trattano con organicità e completezza perdite di navi di ogni specie, per fatti bellici, per condizioni meteomarine avverse, per abbordaggi, ecc., e altri sinistri nei quali può incorrere una nave, quali l’incaglio, la collisione, l’incendio: eventi, pur drammatici, che non ne comportano inevitabilmente l’affondamento; e altre vicende inconsuete e singolari che potremmo definire storie di mare, tra le quali l’abbandono della nave da parte dell’equipaggio o dell’armatore.
Con il lavoro che ci accingiamo a esporre, vogliamo colmare almeno in parte tale lacuna, riguardo una zona di mare invero non tanto ampia, ma densa di episodi: quella delle acque lungo le coste della Maremma Toscana comprese tra la foce del Torrente Chiarone a sud – confine storico tra Toscana e Lazio – e la Rada di Caletta in Comune di Rosignano Marittimo a nord, nonché la zona di mare dell’antistante Arcipelago Toscano. Tranne un solo caso, è una storia non di grandi navi, anzi, talvolta di piccole unità; è una esposizione di fatti nei quali si intrecciano lavoro, avventura ed eventi bellici: episodi degni di essere tramandati

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 

 9788866150923

STORIA DELLA NAVIGAZIONE INTERNA IN TOSCANA Adriano Betti Carboncini ill. pag. 278 A4 Foto B/N297 C. 4 anno 2014 € 20,00 Collana I libri del Mare n. 4

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 
STORIA DELLA NAVIGAZIONE INTERNA IN TOSCANA

 

La storia dei popoli antichi, assurti a un certo grado di civiltà, ci fornisce diversi esempi dell’uso che fino dal loro tempo si faceva delle vie d’acqua interne, fornite dai corsi naturali, come vie di comunicazione; e ciò si verificò nella nostra penisola all’epoca degli Etruschi e dei Romani. Con la caduta di Roma e dietro il turbine delle invasioni barbariche, anche le vie d’acqua terrestri, con tutte le istituzioni che vi si connettevano, soggiacquero al generale sfacelo e per diversi secoli non si presero iniziative intorno alle vie di navigazione interna.
All’epoca dello sviluppo dei Comuni, spinti dal bisogno di riaprire comode vecchie vie di comunicazione e di aprirne di nuove in relazione agli aumentati scambi commerciali, si sentì la necessità di migliorare i corsi d’acqua esistenti e di ricorrere all’apertura di canali nell’interesse della navigazione. Sul principio del secolo XII si ridestò nella Valle Padana una intensa attività nel procurare i necessari sbocchi al mare del crescente commercio, tanto che a brevi intervalli di tempo si succedettero le aperture dei più importanti navigli, e si regolarono i tratti terminali di alcuni fiumi, derivando da essi nuovi canali sia per l’irrigazione e per fornire energia a opifici, sia per la navigazione.
Mentre negli altri paesi europei i canali artificiali furono per la massima parte costruiti all’unico scopo della navigazione, i canali italiani, invece, furono nella quasi totalità aperti con fini molteplici, essendosi aggiunto allo scopo della navigazione quelli dell’irrigazione, della produzione di forza motrice, della bonificazione idraulica, della difesa di corsi d’acqua naturali. Tale pluralità di scopi dei canali italiani, se originariamente poteva costituire un vantaggio, poiché con un’unica spesa di impianto si potevano realizzare notevoli benefici agrari, industriali e commerciali, dal punto di vista della navigazione costituiva, invece, un difetto della rete, in quanto gli interessi di tale attività venivano spesso a trovarsi in collisione con quelli estranei, così da esserne danneggiati.
L’invenzione delle conche, o “sostegni mobili di navigazione”, permise di vincere una delle maggiori difficoltà incontrate, come quella di superare le forti differenze di livello; cosicché fu realizzata, nel volgere di tempo relativamente breve, una fitta rete di canali – tuttora esistente – che collega tra di loro i laghi di Como e Maggiore, ed entrambi con il Po, e questo con i principali suoi confluenti come tutti gli altri fiumi dell’estuario veneto.
Oltre alla rete di canali delle pianura padana, furono realizzate in diverse epoche, ma soprattutto dopo il XV secolo, le due reti secondarie e distaccate dei canali toscani e pontini, svolgentisi rispettivamente nelle pianure fiancheggianti i bassi corsi dei fiumi Arno e Ombrone e Tevere.
La navigazione interna della Toscana, per la configurazione e posizione delle sue vie e per la diversa importanza di queste, poteva essere divisa, al principio del secolo XX, nei gruppi seguenti:
corsi d’acqua che, partendo da Vecchiano, attraverso il lago di Massaciuccoli e i canali Le Quindici, Le Venti, Malfante e Burlamacca, sboccano nel porto-canale di Viareggio;
fiume Arno, il quale, dopo aver bagnato Firenze e Pisa, va a sfociare in mare a poca distanza da Pisa stessa, nei tratti in cui era navigabile; canale di Ripafratta;
canali Buggiano – sbocco nell’Arno e del Terzo;
canali Maestro del padule di Fucecchio e Usciana;
canale Pisa – Livorno, detto “ dei Navicelli ” e canale Emissario di Bientina, il cui corso è comune a quello del primo nella parte terminale, in prossimità del mare;
vie d’acqua della pianura grossetana, comprese tra i fiumi Bruna e Ombrone, facenti capo al porto-canale di Castiglione della Pescaia e alla foce del canale emissario della Marina di San Rocco , attuale Marina di Grosseto; fiume Albegna nel tratto terminale.

Fu in attività dal 1908 al 1963 il canale navigabile della Laguna di Orbetello – interessata pure da un servizio di navigazione di linea stagionale estivo per passeggeri –, specchio acqueo già compreso nelle acque interne della provincia di Grosseto, che nel 1963 fu iscritto nelle acque marittime.
Oltre alla navigazione vera e propria, su diversi tratti di fiumi e canali si esercitava da tempo immemorabile la fluitazione, o trasporto a galla dei legnami grezzi, attività che in Toscana si concentrava nel tratto del fiume Arno a monte di Firenze e nel fiume Sieve. Ma, nella seconda metà dell’Ottocento, in seguito all’affermazione delle ferrovie, si trovò sempre più conveniente affidare il trasporto dei legnami a questo nuovo sistema di trasporto celere, cosicché la fluitazione andò decrescendo e poi scomparve.
Sullo scorcio dell’Ottocento stesso cominciò a manifestarsi nel governo e nell’opinione pubblica un risveglio intorno all’importanza delle navigazione interna, fervore che portò a decidere nel 1903 lo studio di provvedimenti intesi a promuovere la rinascita di tale attività, nonché a fornire idonee proposte di carattere tecnico e finanziario al riguardo. Furono presentati diversi ambiziosi progetti, ma poche furono le realizzazioni; probabilmente perché, in un momento reso oltremodo incerto dalla flessione dei traffici dovuta alla grande crisi economica degli ultimi anni ’20 del secolo XX, in Italia già si prevedeva che, nonostante i miglioramenti proposti, peraltro ancora da decidere, taluni traffici propri delle linee di navigazione interna non avrebbero potuto reggere di fronte all’autotrasporto, nuovo temibile sistema di trasporto concorrente che proprio allora cominciava a svilupparsi
Dopo il secondo conflitto mondiale e la faticosa ricostruzione postbellica di opere pubbliche, il canale navigabile Pisa – Livorno e l’idrovia Vecchiano – lago di Massaciuccoli – Viareggio tornarono in attività; la seconda via però fino al 1991, anno in cui gli intensi trasporti di sabbia silicea che vi si facevano cessarono, in conseguenza della proibizione delle escavazioni di tale materiale che fu decisa allo scopo di difendere l’ambiente dell’area palustre-lacustre di Massaciuccoli – diventata parco naturale regionale – dal pericolo del dissesto idrogeologico dovuto a quelle attività estrattive.
Nel presente libro vengono raccolte le notizie più importanti e dati tecnici – convenientemente aggiornati – sulle vie di navigazione interna della Toscana, contenuti in atti e pubblicazioni ufficiali, in monografie ministeriali, in relazioni di qualificati esperti e studiosi, nonché raccolti direttamente dall’autore, della materia in argomento.
Il testo si compone di quattro parti. Nella prima parte viene compendiata la legislazione in materia di navigazione interna e sono enumerati gli organi preposti alla sorveglianza su di essa. Nella seconda parte, dopo cenni sulle loro origini, vengono descritte le singole vie d’acqua navigabili della Toscana, oggi non più interessate da traffico di merci, tranne il canale navigabile Pisa – Livorno; vengono esposti dati statistici del traffico commerciale delle linee che furono in esercizio e notizie sui traffici attuali. Nella terza parte vengono riassunti i più importanti progetti per lo sviluppo e il miglioramento della rete navigabile interna toscana che furono studiati nei primi decenni del ‘900, disegni che rimasero quasi tutti inattuali. Nella quarta parte ci si intrattiene sulle gite turistiche, aventi anche finalità di carattere eco-naturalistico, che oggi vengono effettuate su fiumi, canali e laghi della Toscana, forme di navigazione che in qualche maniera non possono non richiamare alla mente la navigazione interna del passato, attività che fu florida nella stessa Regione. Vengono esposte tabelle concernenti le caratteristiche tecniche di battelli che nel recente passato furono impiegati, e che attualmente lo sono, nell’effettuazione dei menzionati giri turistici.

Il lettore si domanderà perché un libro che tratta una storia di navigazione in acque interne è stato inserito in una collana di libri di mare. La risposta è semplice. Abbiamo ritenuto conveniente scegliere questa soluzione per una serie di considerazioni delle quali ne esponiamo brevemente alcune. Due capitoli del libro “(Livorno, Giro in battello nei Fossi Medicei” e “Orbetello.I

 

 9788866150589

Arcipelago toscano LA TOREMAR dalle origini alla privatizzazione, Adriano Betti Carboncini ill. pag. 168 A4 Foto B/N170 anno 2013 € 18,00 Collana I libri del Mare n. 3
 
 
 

Arcipelago toscano LA TOREMAR dalle origini alla privatizzazione
Nella presente pubblicazione, che in un certo senso costituisce il seguito del libro Le
linee di navigazione marittima dell'Arcipelago Toscano dal 1847 a oggi dello stesso
autore, previo un necessario richiamo alla nascita di Toremar, vengono elencati i fatti accaduti a cominciare dalla seconda metà degli anni Novanta del Novecento, cioè da quando si ipotizzò la creazione in Italia di un megapolio di cabotaggio pubblico per giungere, oltre un decennio dopo, all'accelerazione e alla definizione del processo di privatizzazione delle società di navigazione di Stato.
Oltre a queste vicende, vengono illustrati i non pochi tentativi di inserimento nelle rotte per l'isola d'Elba da parte di nuovi armatori privati, o di crearne altri, la cui presenza era ritenuta necessaria anche per creare una maggiore concorrenza e scongiurare un eventuale monopolio di una sola compagnia nel futuro dei collegamenti in argomento.
I libro è accompagnato da 170 foto delle imbarcazioni in servizio in questo tratto di mare dagli inizi della vicenda ad oggi.
Adriano Betti Carboncini, nato a Campiglia Marittima (LI) nel 1931, ha passato a Roma l'infanzia e la prima gioventù. Assunto nel 1953 dall'Ispettorato Generale della Motorizzazione Civile e Trasporti in Concessione, viene inviato a Torino, poi a Novara, quindi a Firenze, città nella quale risiede dal 1955. Oltre che occuparsene per ragioni professionali, ha sempre coltivato lo studio dei trasporti terrestri su rotaia, e si è interessato di archeologia industriale; materie nelle quali ha svolto ricerche approfondite. Per la sua continua partecipazione alle cose di mare - anche come navigante - e a quelle della nautica, si è interessato a livello ispettivo alla costruzioni di imbarcazioni e all'effettuazione di esami per le abilitazioni nautiche. Nel 1978 è stato chiamato a far parte del Comitato Superiore della Navigazione Interna, con sede in Padova, in qualità di segretario. Dal 1982 al 1992, in ambito della Giunta Regionale Toscana, è stato responsabile dell'Unità Operativa Centri Intermodali e Trasporto Merci.

 

 

 

 

 9788889971444

Betti Carboncini Adriano, Minicrociere. Storia dell'escursionismo marittimo nel mare di Toscana, p.166 ill. 210 f. b/n € 20,00 Bross. Libri del mare n. 1 2009.

 
Ha pubblicato: Manuale per la navigazione da diporto(con V. Torelli, 1971); L'ufficiale di rotta nella navigazione da diporto (19751 19812); Ferrovie e miniere in Toscana (1981); I treni del marmo (1985); Livorno e Pisa, due città e un territorio nella storia dei trasporti pubblici locali (con M. Bedini, 1986); Ferrovia Alto Pistoiese (1989); Un treno per Lucca, ferrovie e tranvie in Lucchesia, Valdinievole e Garfagnana, funicolare di Montecatini (1990); Siena e il treno (1991); Binari ai laghi (1992); Faentina cento anni (1993); Da San Giovanni a Vallombrosa, ferrovie locali tra industria e turismo nel Valdarno Superiore (1993); La Spezia e la Pontremolese, ferrovia Parma - La Spezia (1994); Ferry Boats un secolo (1997); La Maremmana, storia della ferrovia Roma - Pisa dalle origini ai giorni nostri (1998); Linee di navigazione marittima nell'Arcipelago Toscano dal 1847 ai giorni nostri (1999); Scarlino Scalo, teleferiche minerarie della Montecatini in Maremma e influenza esercitata sui fatti umani (2001); Porti della Toscana, antichi approdi, marine, scali commerciali e industriali dal tempo degli Etruschi ai giorni nostri (2001); Ferrovie e industrie in Toscana. Linee secondarie e industriali in Maremma e nell'Isola d'Elba (2002); La torbiera di Torre del Lago e L'elettrificazione ferroviaria. Binari a Viareggio (2004); Firenze e il treno. Nascita e sviluppo delle Ferrovie nella città (2004); I vaporetti del golfo. Il trasporto spezzino dal 1871 (2008); Puntone di Scarlino e Pian d'alma. Storia di un territorio da Porto Scabris a oggi (2009).

 
 
Minicrociere. Storia dell'escursionismo marittimo nel mare di Toscana
In Italia l'escursionismo marittimo, nelle forme in cui viene ora effettuato, è sorto in epoca relativamente recente. Tale attività, svolta fino dalla prima metà del Novecento, peraltro in maniera assai limitata rispetto all'attuale, si sviluppò nell'ultimo quarto dello stesso secolo, di pari passo con la crescita dei flussi turistici che si manifestò in quel periodo. Ma in alcune zone di grande richiamo turistico, tra cui l'isola d'Elba e l'Arcipelago Toscano, già sin dalla metà dell'Ottocento si organizzavano con famosi piroscafi dell'epoca "gite d'amenità" per un pubblico scelto. Nei decenni che seguirono si facevano, specie con modesti vaporetti, brevi viaggi costieri in occasione di manifestazioni culturali e sportive, commemorazioni, ecc. in città marittime; spostamenti che costituivano sempre una dilettevole escursione per mare. Dai primi del novecento e specialmente nel secondo dopoguerra si svilupparono veri e propri servizi dedicati al turismo e ai collegamenti tra la costa e le varie isole dell'Arcipelago Toscano; e perfino con la Corsica e la Sardegna. Questo libro di Adriano Betti Carboncini fa una rassegna completa di queste attività escursionistiche, che sono state o vengono effettuate nel mare di Toscana, ad iniziare dalle gite ottocentesche di piacere per proseguire con i servizi marittimi turistici attuali.
Di tutte le imbarcazioni e navi menzionate nel libro vengono forniti, in apposite tabelle dati costruttivi e notizie storiche integrative a quelle contenute nel testo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
 

EAN 978886615 152-4
U-BOT 576 E ALTRI SOMMERGIBILI
Adriano Betti Carboncini, ill. 38 foto, pp.34 anno 2017 € 9,00
I libri del mare n. 7
 
 
 

U-BOTT 576 E ALTRI SOMMERGIBILI
Nel luglio 1942, nella zona di mare di Cape Hatteras, a 240 yards di profondità (North Carolina), fu ritrovato il relitto dell’U-576. Ciò ci ha spinto a tracciare la storia degli U-Boot tedeschi che, insieme ad alcuni sommergibili italiani, furono protagonisti della cosiddetta guerra di corsa, o del “branco di lupi” per attaccare i numerosi convogli di navi da carico che trasportavano in Europa truppe, rifornimenti vari, mezzi bellici e perfino grandi aerei smontati. Abbiamo ricostruito la vita dell’U-576 iniziando dal cantiere navale di costruzione, poi le date di impostazione, del varo, della consegna; infine le caratteristiche tecniche principali. Non solo, parleremo pure di Betasom, cioè della base di quel gruppo di sommergibili italiani che insieme agli U-Boot parteciparono agli attacchi contro i convogli alleati.