Introduzione
Un giorno di due, forse tre anni fa, per caso, chiesi a mio
padre se aveva voglia di scrivere la sua storia di
vita.
Mi procurai un quaderno, glielo portai e gli dissi che poteva
scrivere ciò che voleva, ciò che si ricordava
Egli iniziò con entusiasmo e, dopo pochi giorni mi disse
che aveva iniziato ma che faceva un po di fatica a scrivere,
che si stancava presto, per cui gli ci sarebbe voluto del tempo.
Lo rassicurai, non era importante quanto ci avrebbe messo, volevo
rispettare fino in fondo i suoi tempi, il suo modo soprattutto
di esprimersi, bastava che pensando giorno dopo giorno, facesse
riaffiorare i suoi ricordi di bambino, di giovanotto, di adulto,
di marito, di padre e, infine, di nonno.
Così, una volta terminato di scrivere il quaderno, ho
iniziato a trascriverlo.
Inizialmente lo correggevo dandogli una forma più italiana.
Poi ci ho ripensato: credo sia giusto che rispetti il suo italiano.
Forse non sarà una forma perfetta, che rispetta le regole
della grammatica e altro, però credo sia giusto che io
trascriva ciò che lui ha scritto.
Mio padre ha sempre avuto un grande amore e rispetto per lo studio.
Può anche passare in sordina la parte del racconto in
cui dice che A scuola, quando stavamo ancora a Campiglia,
mi avevano mandato solo un anno e pochi mesi il secondo anno,
così avevo frequentato per intero solo la prima elementare.
Allora chiesi alla maestra se dava lezioni serali poiché
io di giorno avevo da lavorare.
Fu molto gentile e mi aiutò a preparare gli esami di seconda
e terza elementare che feci con i suoi ragazzi per cui ottenni
il rilascio del diploma di terza elementare.
Pensiamo però a quanto oggi sembra scontato per un bambino
andare a scuola, almeno nella società in cui viviamo noi
e quanto invece, a quei tempi, anche un semplice
diploma di terza elementare ci si doveva guadagnare con il sudore
della fronte
Non so quanto possano interessare queste memorie:
certo è che è una storia di vita, una testimonianza
che se meditata e letta con attenzione, sicuramente può
dare spunti di riflessione per capire il valore della vita stessa.
Roberta Beccari.
Nota dell'editore
Quando mi è arrivato il manoscritto di Armando, portato
dalla figlia, ho visto subito che non era una storia comune come
poi si dice nel titolo per umiltà, ma era ed è
la vera storia vissuta di un uomo e della sua famiglia che attraverso
il secolo diciannovesimo, secolo pieno di contraddizioni, di
guerre, orrori e conquiste sociali, è arrivato a conquistare
un futuro migliore per sé e per i suoi figli, e ancor
oggi è convinto che ...con orgoglio(...) io e mia
moglie abbiamo cresciuto una famiglia unita, onesta e intelligente
e disponibile in qualunque bisogno.
Ma per arrivare a questo risultato ha dovuto superare molte prove,
dalla miseria, alle incertezze dei primi anni sotto il regime
fascista, in una Italia che stentava a crescere, più preoccupata
di mostrare i muscoli che il cervello, più gli egoismi
che la solidarietà.
Armando nato ai margini di una zona famosa per le sue miniere,
che oggi sono un vero e proprio museo all'aperto, e che prima
che lui nascesse davano lavoro a molti operai: questo ricorda
con nostalgia, nei suoi ricordi d'infanzia, quando abitava nel
podere di San. Antonio, dove vi erano ancora i binari della ferrovia
che portava il minerale agli imbarcaderi sulla costa. Attorno
alla sua abitazione si vedevano ancora gli ingressi della miniera
e gli edifici della società inglese Govett che stavano
rovinando per incuria.
Attraverso la sua storia, possiamo rivivere la riconversione
verso l'agricoltura di questo territorio a prevalenza mineraria
e l'impiego di molti lavoratori nella grande operazione di bonifica
della pianura che da Campiglia arriva a Piombino e Follonica.
Di questo fatto narra un piccolo episodio che ha per protagonista
un personaggio famoso nella zona, Lippi Bruno (da cui tra l'altro
prese il soprannome). Tale Lippi un giorno mentre visitava gli
operai impegnati negli scavi della bonifica e che avevano lasciato
le loro scarpe sull'argine dei fossi se li videro bucherellare
a colpi di pistola dallo stesso Lippi, cosa che li sconcertò
ma c'era una ragione umanitaria profonda in quel gesto giacché
quella scarpe erano vecchie e piene di buchi e con quel gesto
volle rimediare in parte ad un piccola ingiustizia
economica ricomprando loro altre nuove.
Nella sua infanzia poi, riusciamo a fotografare il mancato ruolo
dell'istruzione: veniva data solo quella indispensabile e ciò
comportava il mantenimento e le differenze delle classi sociali
in auge a quell'epoca. Erano ben lontane le rivendicazioni sociali
e sindacali del dopoguerra.
Nonostante queste limitazioni Armando si fa spazio inventando
il mestiere di calzolaio poi prende la licenza elementare per
poter assumere anche il ruolo di cantoniere, mestiere a quel
tempo molto apprezzato e con stipendio sicuro.
Nel 1943 però l'inutile guerra di conquista e di potere,
guerra che durava da 3 anni, rovinò le sue speranze e
quelle di molti italiani, fu chiamato al servizio militare cosa
che cercò dapprima di evitare ma alla fine dovette andare
a malincuore alla caserma di Rovezzano presso Firenze. Una caserma
famosa dove si addestravano i giovani per entrare nel nuovo esercito
della RSI, qui molti si rifiutarono di aderire, alcuni fuggirono
e divennero partigiani nella nostra zona. Armando riuscì
con un escamotage a farsi ricoverare in ospedale e poi con la
scusa della licenza scappò verso casa pur di non aderire
al regime fascista e riuscì a farla franca mentre altri
vennero fucilati in una inutile guerra fratricida.
Finita la guerra arrivano gli anni della ricostruzione e Armando
è sempre più impegnato nel nuovo lavoro di calzolaio
e questa volta con profitto. Anche lui poi farà parte
di quella classe imprenditrice che provocherà con il duro
lavoro e l'impegno il famoso miracolo economico italiano degli
anni sessanta dove anche i politici, che venivano dal popolo
e non erano scelti dal potere, erano in sinergia con il paese.
Maggioranze e minoranze insieme fecero diventare l'Italia uno
dei primi paesi industrializzati.
Armando insomma è la cartina di tornasole di questo periodo
storico come lo sono stati milioni di altri italiani comuni
che hanno costruito il nostro paese e di cui possiamo andare
orgogliosi.
|