La Pagina di:Armando Beccari

 

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9788866150817

MEMORIE DI UN UOMO COMUNEp. 64,00, € 9,00 17x21 Ill. 5 Bross. Collana Nuovi Autori n. 32

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

MEMORIE DI UN UOMO COMUNE

Introduzione

Un giorno di due, forse tre anni fa, per caso, chiesi a mio padre se aveva voglia di scrivere la sua “storia” di vita.
Mi procurai un quaderno, glielo portai e gli dissi che poteva scrivere ciò che voleva, ciò che si ricordava…
Egli iniziò con entusiasmo e, dopo pochi giorni mi disse che aveva iniziato ma che faceva un po’ di fatica a scrivere, che si stancava presto, per cui gli ci sarebbe voluto del tempo.
Lo rassicurai, non era importante quanto ci avrebbe messo, volevo rispettare fino in fondo i suoi tempi, il suo modo soprattutto di esprimersi, bastava che pensando giorno dopo giorno, facesse riaffiorare i suoi ricordi di bambino, di giovanotto, di adulto, di marito, di padre e, infine, di nonno.
Così, una volta terminato di scrivere il quaderno, ho iniziato a trascriverlo.
Inizialmente lo correggevo dandogli una forma più “italiana”. Poi ci ho ripensato: credo sia giusto che rispetti il suo “italiano”.
Forse non sarà una forma perfetta, che rispetta le regole della grammatica e altro, però credo sia giusto che io trascriva ciò che lui ha scritto.
Mio padre ha sempre avuto un grande amore e rispetto per lo studio.
Può anche passare in sordina la parte del racconto in cui dice che “A scuola, quando stavamo ancora a Campiglia, mi avevano mandato solo un anno e pochi mesi il secondo anno, così avevo frequentato per intero solo la prima elementare. Allora chiesi alla maestra se dava lezioni serali poiché io di giorno avevo da lavorare.
Fu molto gentile e mi aiutò a preparare gli esami di seconda e terza elementare che feci con i suoi ragazzi per cui ottenni il rilascio del diploma di terza elementare.”
Pensiamo però a quanto oggi sembra scontato per un bambino andare a scuola, almeno nella società in cui viviamo noi e quanto invece, “a quei tempi”, anche un semplice diploma di terza elementare ci si doveva guadagnare con il sudore della fronte…
Non so quanto possano interessare queste “memorie”: certo è che è una storia di vita, una testimonianza che se meditata e letta con attenzione, sicuramente può dare spunti di riflessione per capire il valore della vita stessa.

Roberta Beccari.

 

Nota dell'editore

Quando mi è arrivato il manoscritto di Armando, portato dalla figlia, ho visto subito che non era una storia comune come poi si dice nel titolo per umiltà, ma era ed è la vera storia vissuta di un uomo e della sua famiglia che attraverso il secolo diciannovesimo, secolo pieno di contraddizioni, di guerre, orrori e conquiste sociali, è arrivato a conquistare un futuro migliore per sé e per i suoi figli, e ancor oggi è convinto che “ ...con orgoglio(...) io e mia moglie abbiamo cresciuto una famiglia unita, onesta e intelligente e disponibile in qualunque bisogno”.
Ma per arrivare a questo risultato ha dovuto superare molte prove, dalla miseria, alle incertezze dei primi anni sotto il regime fascista, in una Italia che stentava a crescere, più preoccupata di mostrare i muscoli che il cervello, più gli egoismi che la solidarietà.
Armando nato ai margini di una zona famosa per le sue miniere, che oggi sono un vero e proprio museo all'aperto, e che prima che lui nascesse davano lavoro a molti operai: questo ricorda con nostalgia, nei suoi ricordi d'infanzia, quando abitava nel podere di San. Antonio, dove vi erano ancora i binari della ferrovia che portava il minerale agli imbarcaderi sulla costa. Attorno alla sua abitazione si vedevano ancora gli ingressi della miniera e gli edifici della società inglese Govett che stavano rovinando per incuria.
Attraverso la sua storia, possiamo rivivere la riconversione verso l'agricoltura di questo territorio a prevalenza mineraria e l'impiego di molti lavoratori nella grande operazione di bonifica della pianura che da Campiglia arriva a Piombino e Follonica. Di questo fatto narra un piccolo episodio che ha per protagonista un personaggio famoso nella zona, Lippi Bruno (da cui tra l'altro prese il soprannome). Tale Lippi un giorno mentre visitava gli operai impegnati negli scavi della bonifica e che avevano lasciato le loro scarpe sull'argine dei fossi se li videro bucherellare a colpi di pistola dallo stesso Lippi, cosa che li sconcertò ma c'era una ragione umanitaria profonda in quel gesto giacché quella scarpe erano vecchie e piene di buchi e con quel gesto volle rimediare in “parte” ad un piccola ingiustizia economica ricomprando loro altre nuove.
Nella sua infanzia poi, riusciamo a fotografare il mancato ruolo dell'istruzione: veniva data solo quella indispensabile e ciò comportava il mantenimento e le differenze delle classi sociali in auge a quell'epoca. Erano ben lontane le rivendicazioni sociali e sindacali del dopoguerra.
Nonostante queste limitazioni Armando si fa spazio inventando il mestiere di calzolaio poi prende la licenza elementare per poter assumere anche il ruolo di cantoniere, mestiere a quel tempo molto apprezzato e con stipendio sicuro.
Nel 1943 però l'inutile guerra di conquista e di potere, guerra che durava da 3 anni, rovinò le sue speranze e quelle di molti italiani, fu chiamato al servizio militare cosa che cercò dapprima di evitare ma alla fine dovette andare a malincuore alla caserma di Rovezzano presso Firenze. Una caserma famosa dove si addestravano i giovani per entrare nel nuovo esercito della RSI, qui molti si rifiutarono di aderire, alcuni fuggirono e divennero partigiani nella nostra zona. Armando riuscì con un escamotage a farsi ricoverare in ospedale e poi con la scusa della licenza scappò verso casa pur di non aderire al regime fascista e riuscì a farla franca mentre altri vennero fucilati in una inutile guerra fratricida.

Finita la guerra arrivano gli anni della ricostruzione e Armando è sempre più impegnato nel nuovo lavoro di calzolaio e questa volta con profitto. Anche lui poi farà parte di quella classe imprenditrice che provocherà con il duro lavoro e l'impegno il famoso miracolo economico italiano degli anni sessanta dove anche i politici, che venivano dal popolo e non erano scelti dal potere, erano in sinergia con il paese. Maggioranze e minoranze insieme fecero diventare l'Italia uno dei primi paesi industrializzati.
Armando insomma è la cartina di tornasole di questo periodo storico come lo sono stati milioni di altri italiani “comuni” che hanno costruito il nostro paese e di cui possiamo andare orgogliosi.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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