La Pagina di:FRANCESCO MASANGUI & MARCO MORRONE

 

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9788866151036Francesco Masangui, Marco Morrone, Elena Masetti, Giulia Ombronelli

PANE QUOTIDIANO -------Persone e dignità

p. 132 ill. foto a colori € 13,00 A 4 Bross. Collan Arte n. 4 2014.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

PANE QUOTIDIANO

“PANE QUOTIDIANO”: una pagina della nostra storia

Pane Quotidiano è la città in lotta per il proprio futuro, è la vita della Piombino di questi anni, di questi mesi, di questi giorni.
E’ un documento in presa diretta dei sentimenti degli operai e di tutti i lavoratori dell’acciaio, testimonianza del loro dolore e della loro rabbia, del loro sgomento, ma anche della loro ferma volontà di continuare a lottare per salvare se stessi e tutta la città., senza arrendersi.
Pane Quotidiano è un libro di fotografie e di pensieri, di volti e frasi spezzate, di lacrime e di solidarietà, ma soprattutto un libro di storia, perché la Fabbrica, soprattutto se è stata per oltre un secolo una grande acciaieria come la nostra, non solo ha dato lavoro a tanti dei nostri padri e nonni, ma ha fatto la storia di Piombino e dell’Italia.
La Fabbrica stessa è Storia, per questo la scriverò con la maiuscola, non per vezzo ideologico ma per significare il simbolo dentro il nome comune.
Storia di tante generazioni di operai e tecnici, di lavoratori che sono stati i veri protagonisti dello sviluppo italiano, i grandi produttori della ricchezza della nazione; anche se negli ultimi anni sono entrati in ogni fabbrica con minori tutele, pochi diritti, tanto meno riconoscimento sociale.
La Fabbrica è la storia delle tante generazioni di vecchi lavoratori che erano entrati giovani, ancora ragazzi, con la giocosità dell’adolescenza negli occhi, senza esperienza, senz’altra forza che l’orgoglio di diventare grandi e portare a casa uno stipendio e poi farsi una famiglia, avere dei figli; ragazzi che la Fabbrica ha poi trasformato in uomini sotto la guida dei compagni più vecchi, avvicendando così sempre nuove maestranze qualificate in un processo educativo continuo, un addestramento alla tenuta e alla resistenza fisica e morale, all’agire collettivo e anche al conflitto individuale.
La Fabbrica è stata luogo di crescita morale, di formazione civile, di educazione alla vita sociale, politica, sindacale, della conquista di una coscienza di sé, del proprio ruolo e della propria dignità.
Così è stato per molti anni, per tutto un secolo, fino a non molto tempo fa, fino a quando la Grande Storia non ha cambiato direzione. Poco più di venti anni, sono niente nella vita di una città, di una nazione, ma sono tantissimi, sembrano un secolo per i ragazzi e le ragazze che ci guardano con tenerezza e sfida dalle stupende fotografie di Marco Morrone e di Francesco Masangui, entrambi giovani , operai, della Lucchini e della Sol, che con i loro obbiettivi hanno narrato la Fabbrica e la sua Storia, scavando nei volti degli operai e delle loro famiglie alla ricerca di una risposta che deve venire, oggi, il più presto possibile, perché Piombino non deve chiudere. A quegli uomini, a quelle donne che sfilano per le vie di una Piombino che pare rimpicciolirsi per abbracciarli o che si slarga in strade di confine da riempire tutti insieme, da occupare di voci e striscioni perché nessuno possa dire che non sapeva, a tutti loro è stato detto che i loro prodotti oramai costavano troppo, non erano più competitivi sui grandi mercati internazionali.
Lo hanno detto a quelli che al massimo si portano a casa da 1000 a 1300 euro, che il lavoro costa troppo, e poi è troppo garantito e deve diventare flessibile (dunque precario) e non solo occasionalmente, ma come sistema normale.
La linea di demarcazione tra ieri e oggi, tra il vecchio e il nuovo, si è detto, ora passa da qui: al lavoratore non spetta più, nel suo salario, una parte di redistribuzione della ricchezza ch’egli ha prodotto col suo lavoro, per questo si risparmia sulla sicurezza dentro il ciclo produttivo e fuori, nel sistema sanitario, che non riesce più a garantirti la salute per la quale ogni mese la tua busta paga versa la sua quota di imposte sicure, mentre un’evasione fiscale che nessun paese europeo tollererebbe, distrugge la coesione sociale e il bilancio dello Stato.
C’entra questo con Pane Quotidiano? Si, c’entra, perché la crisi verticale che ha portato Lucchini alla penosa situazione di questi anni, è certo figlia della crisi di tanta parte della siderurgia italiana ed europea, ma anche figlia dell’ideologia che nega la centralità delle persone in carne e ossa e ha piegato tutto, anche le nostre anime al denaro, al consumo, all’unico simulacro di idealità rimasto intatto, il profitto e la legge del più forte.
Non è dunque un caso che una associazione come la Croce del Sud, che da tanti anni opera a Piombino sotto i simboli del commercio equo e solidale, cioè del rispetto del lavoro e la solidarietà nel mondo, sia riuscita a donarci Pane Quotidiano. “Volevamo qualcosa di tangibile che raccontasse in "prima persona" la crisi. Sì, in "prima persona" perché proprio in forza di quei principi di equità e solidarietà che ispirano il commercio equo e solidale, volevamo che i protagonisti fossero proprio le persone, la loro dignità, purtroppo calpestata di lavoratori...le loro lotte”.
Con queste parole dirette, Croce del Sud fa la cronaca di questi anni, ci dice della progressiva svalorizzazione del lavoro nell’immaginario collettivo - da produttori di ricchezza a semplici prestatori d’opera -, la perdita di salario e diritti, l’espulsione di tanti ancora in età produttiva negli anni delle grandi privatizzazioni, drammi che hanno spezzato il legame tra lavoratori dentro la Fabbrica e fuori, lacerando anche i legami sociali, i vincoli di solidarietà tra le generazioni, la stessa trasmissione del sapere produttivo tra vecchi e giovani, lasciando i nuovi operai più soli, più indifesi, in quegli impianti dove si è smesso di investire, dove non si è fatta manutenzione, dove la sicurezza è un’optional, e dove negli ultimi vent’anni non si sono più contati i morti e gli incidenti.
Pane Quotidiano scava dentro questa Storia, ci rammenta che nella Fabbrica è nata quella classe operaia che oggi quasi non si può nominare, e con essa la lotta per un orario di lavoro più decente, per un salario che permettesse di sfamare le famiglie e di mandare i figli a scuola, lotte per una pensione dignitosa dopo una vita di lavoro, per il diritto a essere tutelato e a potersi difendere da un licenziamento ingiusto e ingiustificato! Niente di tutto questo è stato regalato agli uomini e alle donne che sfilano nelle foto del libro, tutto è stato conquistato a prezzo di grandi sacrifici, con gli scioperi che ti fanno portare a casa meno soldi, mentre i diritti oggi maldestramente chiamati privilegi si tagliano a tutti, ai vecchi e ai giovani, a chi è dentro e a chi è fuori.
La Fabbrica raccontata da Pane Quotidiano ,ha attraversato ognuna di queste fasi, grandi e piccoli eventi hanno scandito la vita degli uomini dell’acciaio, persone dai gesti semplici e amorevoli, nelle mani che lavorano, negli occhi che non ti concedono niente altro che una richiesta di serietà e verità. Non si scherza con chi rischia il lavoro, non si bara quando la solitudine e la disperazione possono occupare la mente e il cuore di chi rischia il pane.
Leggete i bigliettini, trascritti o fotografati di Pane Quotidiano: chi li ha scritti ha detto in tre parole, in due o quattro righe, scritte di furia, scritte col cuore, tutte le parti di questa Storia, quella grande e quella nostra.
Come nella pagine finali di Cent’anni di solitudine, anche in questo libro soffia forte il vento delle passioni umane, speranza, paura, rabbia, tenerezza, sconcerto ma anche una nuova coscienza , di scrivere e leggere la propria storia e quelli di tutti gli altri che ti sono vicini nel momento stesso in cui la storia si sta svolgendo, non ne sai gli esiti, ma sai che sta accadendo e che, dopo, tutto sarà diverso.
La città di Pane Quotidiano non chiede l’impossibile, non chiede niente di più di quanto non gli spetti dopo un secolo di vita spesa al servizio del paese.
Questa città, la nostra Piombino del lavoro e dei diritti, oggi sta scrivendo una pagina certo difficile, e la sua è la scommessa più alta, ma ci sono le condizioni per vincerla,
per un lavoro che torni ad essere la fonte della nostra dignità di persone, la ricchezza da spendere per fare più giusta la vita sociale, la possibilità di far studiare i figli.


Paola Pellegrini
Assessore alla Cultura del Comune di Piombino

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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