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EAN 9788866150251

LA MIA VITA DI CITTADINO E, PARTIGIANO NELLA BANDA DI SCARLINO, Michele Marrini (Zimichè), A5 ill. pp. 216 € 15,000 Collana Maremmana n. 8 2016

 

 

 

 

 

 

 

LA MIA VITA DI CITTADINO E, PARTIGIANO NELLA BANDA DI SCARLINO

PREFAZIONE

Queste memorie, di Michele Marrini, oltre che narrare la sua vita, dalla nascita a tutto il 1944, ci raccontano quei primi anni del novecento, visti con gli occhi di un bambino che, ha dovuto emigrare, anche per motivi di salute, dal suo paese natale Scarlino, nella vicina Piombino, insieme a sua madre, rimasta vedova. Michele si ambienta bene nella nuova città, trova tanti amici, nuovi, con cui condividere giochi, bravate e prove di coraggio.
Lui così mingherlino non si tira indietro a nulla, anzi si getta dalla famosa Piazza Bovio di Piombino, a picco sul mare, per recuperare una moneta da dieci lire d'argento lanciatagli da un fascista. Con quelle si compra la famosa divisa da Balilla, cui tutti aspiravano, ma che lui non poteva permettersi essendo povero.
Crescendo passa da un lavoro precario all'altro finché, viene assunto alla Magona d'Italia. Erano vicini, gli anni della seconda guerra mondiale, e lì, comincia a scoprire il socialismo anarchico e poi il comunismo. Lui è molto giovane, e vive quei momenti formativi con letture e incontri suggeriti dai nuovi “compagni”.
Viene la guerra, e Michele ci narra come si viveva in fabbrica e come i malumori degli operai iniziassero a farsi vivi attraverso piccole dimostrazioni o scioperi che però, venivano subito soffocai dai fascisti e dai tedeschi, presenti nella fabbrica per controllare la produzione di piattina per bossoli per mitraglia.
Michele, che non aveva dimenticato il suo paese e, dove andava spesso, specialmente a causa dei bombardamenti su Piombino; dopo il famoso 8 settembre, si trova coinvolto nella nascita della Banda Partigiana di Scarlino. E di questa banda, ci narra tutta la storia, nei diari che il suo comandante, Tenente Carlo Fabbrini di Firenze, gli ordina di tenere per memoria. In questo periodo, Michele si consegnerà ai fascisti per salvare la sorella, viene portato a Firenze dove si cerca di arruolarlo nella Repubblica Sociale. Ma grazie a sua madre fugge, e torna a Scarlino, dove viene ripreso e riportato a Firenze. Di nuovo scappa con un suo amico e torna nella Banda. Dopo qualche azione nella banda, con la cattura di un tedesco e di altri sbandati, vive momenti tragici, quando un suo compagno viene catturato e ucciso dai tedeschi, Arrivano finalmente gli americani che nel padule di Scarlino costruiscono un aeroporto e si preparano a bombardare Follonica; ma grazie alle bande partigiane della zona, questa opzione viene accantonata e i partigiani in prima linea, aiutati dagli americani e dalle loro autoblindo, attaccano Follonica via terra. Di questa Battaglia Michele ci narra i fatti salienti e allega una pianta, disegnata a mano, su come si è svolta. Michele poi veste la divisa americana e fa da “guida” alle truppe e le segue a Venturina, nella Battaglia di San Vincenzo, e oltre. A Bolgheri, al bivio per Donoratico, vengono attaccati dai tedeschi, e lui viene salvato dal suo amico John, che lo spinge in un fosso, mentre lui rimane steso a terra. Michele, poi, indica agli americani dove attraversare il fiume Cecina per accerchiare i tedeschi ben posizionati a Cecina e lungo il fiume. Conosceva bene il “passo della Steccaia” essendoci passato nella sua ultima fuga e, indicatogli da un contadino della zona, che lo aveva nascosto, e che poi perderà la vita insieme alla moglie in una rappresaglia dei tedeschi. Decide, di seguire gli americani che dovevano imbarcarsi per il Pacifico, ma dopo Grosseto torna indietro conscio che il suo posto era nella ricostruzione delle fabbriche e del paese. Ma questa storia la potere trovare nell'altro suo libro “La fabbrica non chiuderà, Piombino 1953”.
Sulle vicende di Michele, specialmente del suo periodo “americano” abbiamo riprova nei testi (in inglese) della V armata di cui riportiamo bibliografia e indirizzo web, in fondo, e che tutti possano consultare.
Henry

 

9788866150565

Michele Marrini LA FABBRICA NON CHIUDERA' PIOMBINO 1953 (Diario dei dieci giorni di sciopero alla Magona d'Italia) pp. 140 ill. A5 € 13,00 Collana Maremmana n. 5 2013

Sul «Giornale di Fabbrica» della Magona d’Italia, la prestigiosa industria siderurgica della banda stagnata di Piombino, negli anni fra il 1950 e il 1953 si potevano leggere talvolta brevi interventi di un giovane operaio, poco più che ventenne, Michele Marrini, impegnato sindacalmente e politicamente nella CGIL e nel Partito comunista.
Michele rappresentava le generazione che aveva vissuto la guerra, anche attraverso l’impegno diretto (aveva partecipato al movimento resistenziale nel gruppo del tenente Carlo Fabbrini a Scarlino) ed aveva contribuito, come molti altri giovani, alla ricostruzione della fabbrica piombinese, a costo di grandi sacrifici, fino alla prima colata che aveva segnato la speranza di un futuro migliore.
Questa è anche la cronaca in prima persona dei dieci giorni di occupazione della Magona, uno dei periodi più neri della nostra industria sino ad oggi... e della forza e dignità delle lotte per salvaguardare il posto di lavoro ma anche il paese dalla prepotenza della finanza e dall'economia dello sfruttamento che andava contro i principi dell'allora fresca costituzione italiana.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

LA FABBRICA NON CHIUDERA'! PIOMBINO 1953

Come un vento impetuoso si è sparsa la voce nei reparti dell’arresto degli otto compagni dell’Ilva da parte dei poliziotti. È bastato che un compagno dell’Ilva saltasse il muro di cinta e entrasse dal cancello di Portovecchio.
Si fece il giro dei reparti dove erano i giovani. Al treno a freddo avevano già parlato ai giovani. Fra tutti venne l’idea del tino. Fu un attimo e già eravamo in cinque pronti a occuparlo. La nostra bandiera, una corda lunga, un tavolone e la vernice nera. Dopo un’ora la scritta «NON CHIUDERÀ» e la bandiera sventolava sul tino. Dalla città, dalle littorine, dal porto, quel messaggio fu letto, fu raccolto dai cittadini. Tutti dovevano vedere. Di lassù si vide la grande manifestazione spontanea degli operai, degli impiegati ed equiparati.

 

 

I giovani, sempre i giovani in prima fila a fare di corsa il giro dei reparti. La riunione urgente della commissione interna, del sindacato FIOM e del Comitato di Lotta contro la smobilitazione.
Bandiere al vento, cartelloni improvvisati: si chiedeva il rilascio degli otto arrestati. Questo era il risultato del governo che portava alla rovina la nostra industria.

Studenti, sartine, commessi, disoccupati, La Magona continua, sempre sul terreno dei licenziamenti. Gli ultimi 150 licenziamenti sono in maggior parte GIOVANI. Oggi più che mai è necessaria l'unità di tutta la GIOVENTÙ nella lotta contro i licenziamenti e la smobilitazione della MAGONA.
Quanti studenti dovranno troncare i loro studi? Quante sartine e commessi saranno licenziati in base alla crisi che si aggira sempre più nella nostra Città? Aumentando così il numero già alto della gioventù disoccupata, la quale aspettava di avere un lavoro.
GIOVANI TUTTI UNITEVI
nella lotta insieme alla GIOVENTÙ DI MAGONA LICENZIATA.

UNITI, I LICENZIAMENTI E LA SMOBILITAZIONE NON PASSERANNO.

(Bollettino “Gioventù in Lotta”
n. 1 - 1953-)

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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 Lettera del segreteria della Repubblica del presidente Napolitano 10 aprile 2013
 
 
 
 

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