Il diciotto aprile
A votare noi andrem
Per il Fronte uniti
Tutti quanti voterem 1
Sulle elezioni politiche del 18 aprile 1948 molto si è
scritto e molto si è discusso: il clima di scontro feroce
fra il Fronte Popolare e la Democrazia Cristiana, il massiccio
intervento della Chiesa a favore di quest’ultima, i rapporti
del PCI con Mosca, il ruolo contrastato del PSI.
C’era allora nell’opinione pubblica la netta sensazione
di uno scontro risolutivo che portò alla netta vittoria
della DC: ancora oggi ci si chiede (come ha fatto un programma
di “storia simulata” su Rai Due nel marzo 2007)2 cosa
sarebbe successo se in Italia avessero vinto le sinistre, se,
come si diceva allora, i “cosacchi” avessero portato
i loro cavalli a bere nelle fontane di piazza San Pietro.
Per capire meglio il clima del periodo seguiremo le vicende di
un singolo candidato al Senato della Repubblica in una provincia
italiana: il candidato è il socialista Ezio Bartalini,
la provincia è quella di Arezzo.
Bartalini era già stato deputato all’Assemblea Costituente
per un breve periodo, alcuni mesi dalla fine del 1947, quando,
essendo il primo dei non eletti nel collegio Pisa – Livorno
, aveva sostituito uno dei grandi vecchi del socialismo italiano,
Giuseppe Emanuele Modigliani, che era deceduto proprio in quei
giorni.
Quando si trattò di discutere delle candidature per le
elezioni dell’aprile 1948, i giochi non apparvero semplici:
si doveva garantire una rappresentanza equilibrata ai rappresentanti
dei due partiti della sinistra, PCI e PSI, che si erano uniti
nel cartello elettorale del Fronte Popolare con il simbolo di
Giuseppe Garibaldi. C’era da fare inoltre attenzione al
radicamento territoriale, a fare spazio a personaggi che avevano
lottato contro il fascismo a costo di lunghe pene detentive,
ma anche, nel caso del PSI, alle varie tendenze interne al partito,
anche dopo la scissione dei socialdemocratici di Saragat a Palazzo
Barberini nel 1947.
Le questioni diventarono spinose: Bartalini che contava di essere
candidato nel collegio di Livorno – Pisa ( il suo collegio
uscente) si vide scavalcato da altri esponenti del suo partito
e “catapultato” nel collegio di Arezzo per il Senato.
L’esigenza di collocare un candidato del capoluogo,Livorno,
rispetto a Bartalini, molto popolare a Piombino, dove era vissuto
a cavallo fra la prima guerra mondiale e il primo dopoguerra,
proponeva, a livello di liste elettorali, un dualismo fra Livorno
e Piombino, che durerà per molti anni.
L’Aretino era la terra d’origine della famiglia (Bartalini
conservava ancora la casa paterna di Cennina vicino Bucine),
tuttavia più che nella città di Arezzo, il nostro
candidato era conosciuto in provincia , tanto che avrebbe preferito
il collegio di Montevarchi. Anche qui, per un sistema di scatole
cinesi che dovevano garantire un’equa rappresentanza ai
partiti dell’alleanza, fu scavalcato dal comunista Galliano
Gervasi (Foiano della Chiana 1899 – 1970), sindaco di Foiano
e deputato alla Costituente .3 Fu durante la discussione sulle
candidature che Bartalini ebbe modo di conoscere due giovani
esponenti socialisti che diverranno entrambi presidenti della
Corte Costituzionale, Leonetto Amadei e Mauro Ferri.
In ogni caso la trattativa sulle candidature fu accettata da
Bartalini solo per disciplina di partito, che non digerì
per nulla di essere stato catapultato da un collegio all’altro. |