9788889971673 Bartalini Ezio, Garibaldi socialista, p.52, ill.,
8,00Bross., Bib Del '900, n.12, 2007 |
Ezio Bartalini (Monte San Savino, Arezzo 1884 - Roma 1962)
è stato una delle figure più interessanti del pacifismo
socialista del Novecento.
A Genova, dove si era trasferito con la famiglia (il padre Vittorio
era un funzionario statale di idee socialiste) e dove si era
iscritto a soli 17 anni al Partito socialista, nel 1903 fonda
il giornale «La Pace» , una delle riviste più
interessanti nellambito antimilitarista e pacifista italiano:
ben presto la fama di questa piccola rivista, fondata e condotta
da un gruppo di giovani socialisti, varca i confini nazionali.
Il giornale cessò le pubblicazioni nel 1911 per gravi
problemi economici.
Laureatosi in giurisprudenza, nel 1911 divenne consulente legale
della Federazione Lavoratori del Mare ( con sede a Genova ) diretta
dal capitano Giuseppe Giulietti. Grazie alla maggiore sicurezza
economica personale e sulla spinta della guerra di Libia, nel
1913 Bartalini iniziò nuovamente a pubblicare «La
Pace», esperienza che si concluse definitivamente nel 1915
con lentrata in guerra dellItalia.
Richiamato alle armi nel 1916, trascorse un breve periodo a Torino
al Deposito Fanteria (in città conobbe Antonio Gramsci)
e poi fu trasferito sul fronte trentino dove rimase per alcuni
mesi, prima di essere definitivamente congedato.
Dopo essere rientrato a Genova, decise di iscriversi alla Facoltà
di Lettere dellUniversità di Catania (città
che conosceva per il fatto che il padre vi aveva lavorato alcuni
anni prima) per dedicarsi allinsegnamento, mestiere che
prediligeva. Nella città siciliana s iscrisse alla
massoneria.
Nel 1917 rispose ad uninserzione del Comune di Piombino
che richiedeva un direttore per la locale Scuola Tecnica: fu
assunto e si trasferì quindi nella cittadina toscana.
A Piombino conobbe il dottor Ettore Zannellini, di cui sposò
la figlia Lilia (dalla loro unione nacque, a Piombino, Isa nel
1922) e si dedicò alla politica attiva, militando nel
Partito Socialista piombinese.
Nel 1920 divenne consigliere provinciale per la provincia di
Pisa,che allora comprendeva anche Piombino, ma nel 1921 ruppe
con il PSI, iscrivendosi al Partito Comunista dItalia.
Nel 21 si trasferì nuovamente a Genova dove esercitò
la professione di avvocato e dove ebbe incarichi di insegnamento.
Nel 1922 il padre Vittorio morì in seguito ad unaggressione
fascista, mentre Bartalini era arrestato lanno successivo
per attività sovversiva.
Scarcerato dopo poche settimane, decise di espatriare in Francia
dove rimase, ad eccezione di una breve parentesi a Londra nel
1924, fino al 1927: qui aprì una scuola di lingue privata,
mentre continuava la sua attività antifascista. Espulso
dalla Francia, per motivi ancora non pienamente chiariti, dopo
un breve periodo trascorso a Bruxelles, decise di trasferirsi
con la famiglia a Istanbul.
Nella città turca svolse attività di insegnamento
allinizio e si avvicinò sempre più alla locale
comunità italiana, collaborando,ad esempio, alla pagina
culturale de «Il Messaggero degli Italiani» edito
dal consolato. Simpatizzò per il presidente turco Ataturk,
di cui apprezzava il disegno di laicizzazione dello Stato, ed
ebbe modo di conoscerlo personalmente. Proprio per questo riuscì
ad ottenere vari incarichi universitari nel settore giuridico
ed a portare avanti iniziative culturali di grande interesse.
Nel settembre del 43, dopo la caduta del fascismo, Bartalini
fu prescelto come presidente del Comitato di Liberazione Nazionale
di Istanbul e nel 1944 decise di rientrare in Italia, a Roma,
dove già si erano trasferite la moglie e la figlia.
Riprese lattività politica nel Partito Socialista
e quella di pubblicista: fu segretario della Federazione socialista
di Roma nel 1946, venne candidato allAssemblea Costituente
nel collegio di Pisa- Livorno dove risultò il primo dei
non eletti, ma nel 1947 sostituì Modigliani che era deceduto.
Dal 1948 continuò a fare attività politica nel
PSI (era sulle posizioni di Lelio Basso), ma in ruoli minori,
mentre era ancora molto consistente lattività giornalistica,
soprattutto per il giornale «Il Paese», e la militanza
pacifista, tanto che nel 1950 tentò anche di riesumare
«La Pace» sia pure in versione molto ridotta.
Il suo fondo documentario, depositato nellArchivio Storico
della Città di Piombino, da Isa Bartalini e da Lilia Hartmann
comprende oltre 400 cartelle che documentano la sua storia personale
e quella italiana da fine Ottocento fino ai primi anni Sessanta
e parte della sua biblioteca personale.
Tiziano Arrigoni |
Garibaldi socialista |
Chi si trova a passare per i giardini di Corso dellImperatrice
a Sanremo può osservare la statua di Giuseppe Garibaldi
di Leonardo Bistolfi. Si trova qui dal 1908, quando fu inaugurata
sotto gli auspici della rivista La Riviera Ligure
di Angiolo Silvio Novaro.
La figura del generale non è retorica, sembra pacificata;
è collocata su un basamento di granito ornato da sei bassorilievi:
lelegia del mare, le voci di gioia, leroe, il grido
di libertà , il canto damore, linno dei Mille.1
Limmagine del monumento campeggia sulla prima pagina della
Pace, la rivista di Ezio Bartalini (numero 178 bis
del 1915) con il titolo Garibaldi nostro.
Quel nostro voleva dire popolare, progressista e
soprattutto socialista in un momento in cui tutto sembrava evocare
la prossima entrata in guerra dellItalia.
Quello di Garibaldi laico e socialista è il filo conduttore
che attraverserà gli scritti di Ezio Bartalini sul generale
fin dagli inizi del secolo e che riproporrà anche sull
Ordine Nuovo di Gramsci , associando il socialismo
di Garibaldi a quello di Mazzini.2
A questo proposito poneva laccento sopra alcuni aspetti
della biografia di Garibaldi, in particolare lincontro
con il gruppo di socialisti saintsimoniani guidati da Emile Barrault
, a bordo della nave Clorinda che li trasportava
a Costantinopoli nel 1833. Il gruppo costituiva la cosiddetta
Mission des compagnons de la femme e cercava una
nuova terra dove poter sperimentare la religione
sansimoniana.
D.Mack Smith, il suo biografo non sempre benevolo, riprendendo
lepisodio, dice che Garibaldi si lasciò prendere
da una versione assai annacquata della dottrina di Saint Simon
sulla fratellanza universale e labolizione delle classi.3
Un altro suo biografo M.Milani afferma che discutere di
un Garibaldi socialista o di un socialismo di Garibaldi non ha
alcun senso, a meno che non sintenda per socialismo un
momento umanitario e non politico.4
In realtà, a Bartalini interessa far vedere come Garibaldi
fosse stato, in qualche modo ,influenzato da quella corrente
del pensiero di Saint Simon che, dopo la morte del pensatore,
aveva preso la direzione della religione delluomo
o meglio di una religiosità laica, in contrasto con la
versione tecnocratica del pensiero saintsimoniano
(quella, per intenderci, che vedeva alla base dello sviluppo
umano la tecnologia e la scienza e che portava direttamente allesaltazione
dei canali di Suez e di Panama come uno dei motori del progresso
dellumanità). Era compresa anche lidea, utopistica
per i tempi di Saint Simon, di ununione pacifica degli
Stati europei. segue.... |
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97888661502989
Bartalini Ezio POESIA LAICA Carducci 6 Pascoli , p. 52, A5
ill. 6,00 collana Biblioteca del '900, 2012 |
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POESIA LAICA
, Carducci & Pascoli |
PREFAZIONE
«La poesia del Carducci fu, durante gli anni sessanta
e settanta, la voce dellItalia rivoluzionaria, insofferente
al trono e allaltare. (
) Quel che Carducci in seguito
divenne, ciò che diventò la sua poesia cortigiana
e perfino ministeriale poco importa a chi sappia cogliere
il valore storico di una testimonianza intellettuale e artistica,
legata, non solo al genio dellinterprete ma anche e soprattutto
alla forza prorompente delle idee di cui egli si faceva in quel
momento portavoce». 1
Così Pier Carlo Masini descrive giustamente latteggiamento
che ebbero di fronte al Carducci giacobino le generazioni patrio
risorgimentali che vedevano in Enotrio Romano (lo pseudonimo
di Carducci dell Inno a Satana) lemblema di quella
democrazia progressiva che aveva caratterizzato la sinistra risorgimentale
e post risorgimentale.
Il nome che viene subito alla mente è quello di Garibaldi,
di cui Carducci fu ammiratore,2 e il suo discorso per la fondazione
dellAssociazione Emancipatrice Italiana nel 1862 a Genova,
quando auspicava una democrazia che si estendesse a tutti i popoli
e chiedeva che «gli italiani porgessero la mano agli schiavi
del mondo intero».3 Un internazionalismo democratico che
sarà affiancato e in parte sostituito, due anni dopo,
dalla fondazione dellInternazionale a Londra.
Il Carducci che interessa il pensiero laico e democratico del
Novecento è appunto quello «giacobino» della
stagione delle grandi speranze di rinnovamento, lanticlericale,
il massone (aderì alla massoneria nel 1862, per passare
nel 1866 alla loggia Felsinea dove nel 1888 raggiunse il 33°
grado) contro ogni forma di moderatismo.4 Non è un caso
che un personaggio come Ezio Bartalini, socialista e massone,
cultore della poesia di impegno civile, nella sua rievocazione
del poeta e dei suoi «rapporti» con Pio IX, nel 1949
accenni alla svolta moderata dopo le elezioni del 1948 e al ruolo
dell «altro Pio», Pio XII, il cui ruolo era
stato fondamentale per la vittoria della DC. segue..... |
Se per Carducci si potevano ben distinguere le fasi della
sua esistenza con la sua parabola ideologica comune a molti altri
esponenti della sinistra democratica post risorgimentale, per
Giovanni Pascoli la situazione appariva più complessa.
In questo caso non cera nessun Enotrio Romano «giacobino»
da salvare, quanto piuttosto riuscire a scavare nella personalità
del Pascoli laico e progressista.1 Il primo problema è
quello di confutare lidea del socialismo di Pascoli come
un episodio effimero della sua vita, magari confinandolo agli
anni in cui, studente povero a Bologna, si era avvicinato ad
Andrea Costa ed aveva dovuto scontare anche un periodo in carcere
(dal 7 settembre al 22 dicembre 1879) per aver partecipato ad
manifestazione di protesta contro la condanna dellanarchico
Passannante che aveva attentato alla vita di Umberto I. SEGUE....
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9788889971734 Bartalini Ezio, Il mio Gramsci, p. 54, ill.
8,00 Bross., Bib Del '900, n. 5, 2007. |
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Il mio Gramsci |
Torino 1916.
ellaprile del 1916 giungeva a Torino, da Genova, un giovane
avvocato: non vi giungeva di spontanea volontà, ma era
stato
richiamato alle armi. Si trattava di Ezio Bartalini, socialista,
noto pacifista,
che era stato destinato al Deposito Fanteria del 49° Reggimento,
Torino Ovest. Era una seccatura per le autorità militari
avere tra i
piedi un personaggio schedato come sovversivo antimilitarista
e conosciuto
in tutta Europa per la sua attività militante. Per il
giovane
avvocato trentaduenne, che, coerentemente, aveva rifiutato il
grado
che gli spettava in quanto laureato e che quindi era stato destinato
come soldato semplice al reparto sanitario, un periodo di forzata
inattività, dedicato, nei momenti liberi, alla lettura
e, nelle ore di libera
uscita, a cercare di conoscere quei pochi compagni socialisti
che
non erano ancora stati destinati al fronte. Naturalmente il tutto
doveva
essere un periodo fatto con prudenza e riservatezza, dato che
indossava
la divisa grigio verde.
Alla Casa del popolo di corso Siccardi, dove si trovavano le
sedi dell
Avanti! e del Grido del Popolo, incontrò
un giovane studente universitario
sardo di venticinque anni, dallintelligenza vivace: Antonio
Gramsci. I due legarono subito ed iniziarono a frequentarsi,
anche
fuori delle redazioni, sia nellalloggio di Antonio in via
San Massimo
che in lunghe passeggiate al parco del Valentino.
Gramsci si trovava a Torino dal 1911 ed era iscritto alla facoltà
di Lettere,
dove seguiva le lezioni di Matteo Bartoli, Annibale Pastore,
Ettore
Stampini ed Umberto Cosmo.2 Docenti diversissimi e stimolanti,
tanto che gli argomenti delle loro lezioni si ritroveranno anche
nei
colloqui fra Gramsci e Bartalini. Basta pensare agli interessi
di Pastore per gli aspetti filosofici legati alla relatività,
alla geografia linguistica
di Bartoli e alla sua norma dellarea isolata (con forme
linguistiche
anteriori), che applicava anche alla Sardegna, agli studi innovativi
di
Cosmo su Dante.
In questo periodo Antonio stava preparando gli esami triennali
di italiano
e di latino e viveva facendo il giornalista, arrotondando le
misere
entrate dando lezioni private. Soprattutto collaborava con Il
Grido
del Popolo e teneva sulledizione torinese dell
Avanti! una rubrica
intitolata Sotto la Mole in cui mostrava la lucidità delle
sue idee e il
suo graffiante stile polemico che aveva come obiettivo lipocrita
moderatismo
della classe dirigente torinese di ispirazione giolittiana, il
nazionalismo becero della Gazzetta del Popolo e certi
voltagabbana
che avevano venduto anche lanima allinterventismo.
.....SEGUE |
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9788889971505 Bartalini Ezio, Te lo ricordi quel 18 Aprile...
p.40 ill., 6,00 Bross. Bib Del '900 n. 4, 2007. |
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Te lo ricordi
quel 18 aprile | Come in America...
Il diciotto aprile
A votare noi andrem
Per il Fronte uniti
Tutti quanti voterem 1
Sulle elezioni politiche del 18 aprile 1948 molto si è
scritto e molto si è discusso: il clima di scontro feroce
fra il Fronte Popolare e la Democrazia Cristiana, il massiccio
intervento della Chiesa a favore di questultima, i rapporti
del PCI con Mosca, il ruolo contrastato del PSI.
Cera allora nellopinione pubblica la netta sensazione
di uno scontro risolutivo che portò alla netta vittoria
della DC: ancora oggi ci si chiede (come ha fatto un programma
di storia simulata su Rai Due nel marzo 2007)2 cosa
sarebbe successo se in Italia avessero vinto le sinistre, se,
come si diceva allora, i cosacchi avessero portato
i loro cavalli a bere nelle fontane di piazza San Pietro.
Per capire meglio il clima del periodo seguiremo le vicende di
un singolo candidato al Senato della Repubblica in una provincia
italiana: il candidato è il socialista Ezio Bartalini,
la provincia è quella di Arezzo.
Bartalini era già stato deputato allAssemblea Costituente
per un breve periodo, alcuni mesi dalla fine del 1947, quando,
essendo il primo dei non eletti nel collegio Pisa Livorno
, aveva sostituito uno dei grandi vecchi del socialismo italiano,
Giuseppe Emanuele Modigliani, che era deceduto proprio in quei
giorni.
Quando si trattò di discutere delle candidature per le
elezioni dellaprile 1948, i giochi non apparvero semplici:
si doveva garantire una rappresentanza equilibrata ai rappresentanti
dei due partiti della sinistra, PCI e PSI, che si erano uniti
nel cartello elettorale del Fronte Popolare con il simbolo di
Giuseppe Garibaldi. Cera da fare inoltre attenzione al
radicamento territoriale, a fare spazio a personaggi che avevano
lottato contro il fascismo a costo di lunghe pene detentive,
ma anche, nel caso del PSI, alle varie tendenze interne al partito,
anche dopo la scissione dei socialdemocratici di Saragat a Palazzo
Barberini nel 1947.
Le questioni diventarono spinose: Bartalini che contava di essere
candidato nel collegio di Livorno Pisa ( il suo collegio
uscente) si vide scavalcato da altri esponenti del suo partito
e catapultato nel collegio di Arezzo per il Senato.
Lesigenza di collocare un candidato del capoluogo,Livorno,
rispetto a Bartalini, molto popolare a Piombino, dove era vissuto
a cavallo fra la prima guerra mondiale e il primo dopoguerra,
proponeva, a livello di liste elettorali, un dualismo fra Livorno
e Piombino, che durerà per molti anni.
LAretino era la terra dorigine della famiglia (Bartalini
conservava ancora la casa paterna di Cennina vicino Bucine),
tuttavia più che nella città di Arezzo, il nostro
candidato era conosciuto in provincia , tanto che avrebbe preferito
il collegio di Montevarchi. Anche qui, per un sistema di scatole
cinesi che dovevano garantire unequa rappresentanza ai
partiti dellalleanza, fu scavalcato dal comunista Galliano
Gervasi (Foiano della Chiana 1899 1970), sindaco di Foiano
e deputato alla Costituente .3 Fu durante la discussione sulle
candidature che Bartalini ebbe modo di conoscere due giovani
esponenti socialisti che diverranno entrambi presidenti della
Corte Costituzionale, Leonetto Amadei e Mauro Ferri.
In ogni caso la trattativa sulle candidature fu accettata da
Bartalini solo per disciplina di partito, che non digerì
per nulla di essere stato catapultato da un collegio allaltro. |
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9788889971550 Bartalini Ezio (cura Arrigoni Tiziano), Il monsignore
e il socialista, p. 56 ill. 9,00 Bross., Bib. Del '900
n. 16 2010. |
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Il monsignore
e il socialista | Come in America...
Lisola di Buyukada (Arcipelago
Prinkipo) si trova al largo della costa di Istanbul: è
una piccola isola molto frequentata destate
In questo piccolo angolo di paradiso mediterraneo, che doveva
loro ricordare la patria lontana, si ritrovavano regolarmente,
nel periodo estivo, due italiani diversissimi per formazione,
cultura , destini personali, ma accomunati dallamore per
la cultura e della conversazione intelligente.
Il primo era un laico intransigente, di idee socialiste, arrivato
a Istanbul dopo lunghe traversie in quanto era dovuto fuggire
dallItalia per le sue idee antifasciste: era il professor
Ezio Bartalini che insegnava nellUniversità di Istanbul,
in Turchia dal 1927.
Nonostante le sue idee antifasciste, si era ben inserito nella
piccola comunità italiana di Istanbul e si era avvicinato
agli ambienti kemalisti fino a conoscere anche il presidente
Mustafà Kemal, il celebre Ataturk .
Laltro era il nunzio apostolico Angelo G.Roncalli, il futuro
Giovanni XXIII.
Questo libro è una testimonianza della loro amicizia dell'affinità,
delle loro speranze in un periodo buio nella storia d'Europa.
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9788889971574 Bartalini Ezio, Guarino
Eugenio, Tripoli, terra incantata p. 52 ill., ; 6,00 Bross. Bib
Del '900 n. 3 2007 |
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Tripoli terra
incantata |
all'interno del volume:
Una brutta pagina di storia
di Eugenio Guarino
Il caso Masetti di Ezio Bartalini
Lincontro con laltro.
Francesco Cucca, poeta sardo arabo
di Ezio Bartalini. |
Nel 1913 la guerra di Libia era ancora allordine
del giorno nonostante il trattato di pace fra Italia e Turchia
fosse stato firmato ad Ouchy il 18 ottobre 1912. In realtà
la resistenza dei turchi alle truppe di occupazione italiane
era durata ancora cinque mesi, almeno fino a quando il 23 marzo
del 1913 vennero sconfitti gli ultimi irriducibili di Suleiman
el Baruni.
Tutto era iniziato il 29 settembre 1911, quando lItalia
aveva dichiarato guerra allImpero ottomano, dichiarazione,
che, in base allarticolo 5 dello Statuto Albertino, era
stata fatta senza lapprovazione del Parlamento al quale
fu concessa una lunga vacanza , da luglio fino al 22 febbraio
dellanno successivo.La guerra era stata preceduta da unintensa
attività nazionalista che aveva trovato echi negli ambienti
conservatori ed anche in alcuni settori del mondo progressista
italiano. Se la Francia si era accaparrata la Tunisia, la Libia
sembrava promettere agli italiani terre fertili ed una meta vicina
per la nostra emigrazione e tutto serviva ad enfatizzare la ricchezza
di quel territorio.
Giuseppe Bevione, giornalista de La Stampa, scriveva
di aver veduto gelsi grandi come faggi, ulivi più
colossali che le querce. Lerba medica può essere
tagliata dodici volte allanno. Cosa ci poteva essere
di più desiderabile per le masse di contadini che emigravano
per cercar fortuna nella lontana America ?
LItalia sembrava lanciata limpresa libica: rimanevano
contrari alla guerra una parte dei socialisti (che vissero al
loro interno una tragica frattura), gli anarchici ed esigui nuclei
o singole personalità del mondo cattolico e repubblicano. |
EZIO BARTALINI
LA RELIGIONE DELL'UMANITA' PAG. 68
Reprints
4,00
collana e-book n. 13
(SOLO IN E-BO0K) |
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LA RELIGIONE
DELL'UMANITA' |
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Ma quale Religione ?
Molti non seppero quale, e pur morirono. Di fronte a costoro
Mazzini rimaneva pensoso. Qualcuno adattò ai tempi la
religione , materna, e trapiantò il « Dio lo vuole
» nell'humus di quel secolo XIX, in cui pure germinava
il Positivismo. Certo fra costoro i Fratelli Bandiera, che respinsero
il prete venuto per confessarli, gli parlarono d'una religione
di Libertà e d'Eguaglianza, ma poi pregarono coloro, che
dovevano fucilarli, di risparmiare la testa, « fatta a
imagine di Dio » .
Mazzini stesso talvolta sembra indulgere verso le forme più
ingenué della religione cattolica . La verità è
che per lui, senza che egli stesso ne avesse forse co­ scienza,
la Religione e Dio, posti in cima d'ogni altra sua concezione
filosofica, non furono poi effettivamente che un mezzo pel conseguimento
d'un determinato fine morale; per questo potè ammettere
con tolleranza in altri una Fede diversa dalla sua, purchè
una Fede vi fosse. Quello che escludeva, e combatteva con ogni
sua forza, perchè incapace di determinare le azioni disinteressate,
era il Materialismo, ed è appunto nei passi polemici contro
i materialisti che si ha la prova di questa sua inconsapevole
subordinazione della Religione all' azione morale. la fede individuale
non basta; occorre la fede sociale, la fede dei popoli ( creatrice
della vittoria)
« Sì, manca la fede ai popoli; non la fede individuale,
creatrice dei martiri, ma la fede comune, sociale, creatrice
della vittoria: la fede che suscita le moltitudini, quella fede
nei propri fati, nella propria missione, nella missione dell'Epoca
che illumina e scote, prega e combatte, e inoltra senza tema
sulle vie di Dio e dell' Umanità, colla spada del popolo
nella destra, colla religione del popolo in core, coll'avvenire
del popolo nella mente... |
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