INTRODUZIONE
Affrontare lo studio di uno statuto medievale,
di cui fu artefice sia un comune cittadino - in grado quindi
di esercitare un certo peso politico e istituzionale - sia un
comune rurale - che quel peso dovette sostenere - è come
cercare di scoprire, in ogni sua angolazione, la società
che dello stesso statuto fu promotrice, potendosi ricavare, tra
le righe del testo che compongono i singoli capitoli statutari,
un tessuto di interessi, di convinzioni e di scelte politiche.
L'esercizio del ius statuendi e l'opera materiale che da questo
diritto scaturisce non rappresenta, come è noto, una semplice
esercitazione giuridica alla quale si dilettarono giuristi più
o meno competenti, talvolta imprecisi nel loro latino spesso
intriso di volgarizzazioni, spesso contraddittori nelle formulazioni
normative, ma costituisce un qualcosa di più rispetto
a ciò che a prima vista può superficialmente apparire:
un quadro sociale, organizzativo, strutturale, istituzionale,
intimamente connesso con la contingente realtà storica
del momento.
Sotto quest'ottica gli statuti comunali - tra il XIII e il XIV
secolo - costituirono un fenomeno assai diffuso nell'Europa basso
medievale, soprattutto in corrispondenza dell'affermazione, in
maniera capillarmente diffusa, del regime podestarile, capace
di determinare, progressivamente, la sostituzione alle raccolte
più o meno organiche, di sacramenta e di brevia, di un
testo tendenzialmente omogeneo nella sua struttura, appunto lo
statuto. Non è un caso che tali formulazioni giuridiche
procedettero di pari passo con laffermazione dei primi
concetti di ius commune romanistico, con tutti i consequenziali
problemi relativi alla integrazione tra la legge romana e i nascenti
iura propria. D'altronde furono proprio i diritti particolari
che costituirono con la loro elasticità - e quello di
Monteverdi rappresenta in tal senso una delle tante testimonianze
a questo proposito - i mezzi più adatti per poter superare
nella prassi quotidiana quella incapacità di adattamento
'immediato' del diritto giustinianeo - in una prospettiva strettamente
storicistica - ad una realtà in costante mutamento.
Fu proprio la versatilità e la fungibilità dello
statuto medievale che permise - pur con le innumerevoli contraddizioni
che spesso rendono al moderno studioso assai difficile una lettura
interpretativa, o, più semplicemente, cronologica - di
risolvere quelle situazioni fattuali che necessitavano di inquadramento
giuridico.
Non solo; lo statuto, e l'esercizio quindi del ius statuendi,
costituì per qualsiasi comune - indifferentemente - il
raggiungimento di una dignitas, la quale, seppur esercitata sotto
il vigile controllo di un comune dominante - e pure in quest'ottica
lo statuto monteverdino costituisce valido esempio - rappresentava
la maggiore conquista politica - seppur variamente limitata -
che un comune potesse raggiungere.
Se in un dato momento storico un comune, rurale o cittadino che
sia, poté esercitare questo particolare diritto, ciò
non fu mai dovuto al puro caso, ma in seguito all'affermazione
di ben determinate necessità economiche, sociali, politiche,
istituzionali che resero improcrastinabili, per il bene comune,
determinate scelte che, prima che giuridiche, furono pur sempre
politiche. A queste necessità la redazione di uno statuto,
che da taluni storici del diritto è considerato la unica
e vera fonte di produzione giuridica basso medievale, costituì
la risposta più immediata alle esigenze che lo resero
necessario.
Molteplici sono i canoni attraverso i quali la scienza giuridica
e l'esperienza basso medioevale nel loro complesso hanno permesso
di rispondere a queste esigenze, ed essendo ogni elencazione
fuorviante in quanto intrinsecamente riduttiva, possiamo affermare
che ogni statuto, singolarmente considerato, rappresenta una
risposta, o meglio, un tentativo di creare un apparato di risposte
a quelle stesse problematiche dalle quali trasse origine.
Ovviamente, a ciò non sfugge lo statuto di Monteverdi,
il quale non si sottrae a questi ordini di problemi e nella ripetività
delle clausole, nella esasperata puntualizzazione di talune fattispecie,
nel continuo ripetersi - quasi a voler lo statutario non voler
lasciare sfuggire nulla alle previsioni normative in una 'moderna'
ottica esauriente ed esaustiva - pure questo statuto dei primi
anni del XIV secolo è in grado di offrire uno spaccato
di vita cittadina nei suoi aspetti di ordine pubblico e religioso,
politico e istituzionale, economico e amministrativo.
Il presente lavoro si articola in due sezioni seguite da due
appendici; la prima sezione è dedicata alla ricostruzione,
per sommi capi, delle vicende storiche di Monteverdi. Si è
cercato in questa prima trattazione di individuare, senza alcuna
pretesa di esaustività ma in una ottica il più
possibile ampia, tutti quegli aspetti che meglio contribuiscono
a delineare la nascita, l'evoluzione e i caratteri del piccolo
comune, soffermando l'attenzione soprattutto al periodo cronologico
compreso tra l'XI e la prima metà del XIV secolo, non
senza aver prima cercato di ricostruire in una prospettiva storico-istituzionale
il periodo anteriore.
La seconda sezione è dedicata alla edizione del Constituto
così come dovette probabilmente presentarsi appena uscito
dalle mani dello scriba nel 1325.
Le due appendici contengono, rispettivamente, la trascrizione
di circa trenta documenti, che si sono resi indispensabili per
la ricostruzione delle vicende storiche della piccola comunità
rurale e una quindicina di carte o schizzi geografici utili per
meglio inquadrare dal punto di vista istituzionale, sia civile
che ecclesiastico, il comune oggetto del presente studio.
Numerose sono le persone alle quali va la mia più viva
gratitudine per aver reso possibile il conseguimento di questa
ambita meta. Senza avere la pretesa di nominarle tutte, devo
i miei più sentiti ringraziamenti anzitutto a coloro che
mi hanno permesso di portare avanti i miei studi; al Prof. Sznura
dell'Ateneo fiorentino, per l'oneroso impegno che si è
assunto nel controllare le trascrizioni, al Prof. Montorzi e
al Prof. Spicciani, dell'Ateneo pisano, per i preziosi consigli
e le acute osservazioni, ma soprattutto per l'amicizia che non
hanno mai mancato di dimostrare nei miei confronti ed infine
a tutte quelle persone, amici di nuova e di vecchia data, che
in questi anni mi sono state vicine e mi hanno accompagnato,
con una parola, un gesto, una dimostrazione di stima, nello svolgimento
di questa ricerca. |