Verso le terre della Lunigiana e della Versilia la repubblica
di Genova svolse un azione secolare di penetrazione inmantagonismo
con Pisa, Lucca e specialmente Firenze che, stabilitasi nel XV
secolo in Val di Magra, osteggiò sempre le ambiziose aspirazioni
genovesi, arginandone ogni tentativo di espansione in quelle
parti. E anche verso altri punti della Toscana, che presentavano
particolare interesse marittimo, si rivolgeva l'attenzione della
repubblica di S. Giorgio. Così, fra il XV e il XVI secolo,essa
tenne, perdette e vanamente tentò di ricuperare Livorno,
quasi prevedendo il fortunato sviluppo a cui era destinato il
piccolo scalo toscano; così non allontanò mai del
tutto il vigile sguardo dalle sorti di Piombino e dell'isola
d'Elba.
E come nel principato poi ducato di Massa e la famiglia ligure
dei Cibo valse mantenere con la repubblica quei rapporti amichevoli,
che certo favorirono più tardi il tentativo d'acquisto
del piccolo Stato, fatto al principio del settecento con la condiscendenza
dell'ultimo principe di quel casato. Il duca Alderano; così
i Genovesi, attraverso le parentele strette dagli Appiani con
la nobiltà Dominante, ebbero agio d intromettersi più
o meno direttamente ed efficacemente nelle faccende dello Statoì
piombinese, cercando, finché almeno fu loro possibile,
di controbilanciare e neutralizzare l'influenzafiorentina, sempre
attiva ed ostile
La spedizione genovese, dei Lomellino per quanto sia stata
preparata ed eseguita da cittadini privati, non per questo è
da considerarsi senza connessioni colle vicende politiche, che
allora si svolgevano. Mentre i suoi organizzatori presero lo
spunto della fiera rivalità tra genovesi e catalani, che
manifestavasi in atroce, continua guerra sui mari, essa venne
ad entrare nel quadro della lotta senza quartiere tra la repubblica
di Firenze e Gian Galeazzo Visconti per l'egemonia nell'Italia
di mezzo [...].Le vie principali potevano essere bloccate non
appena fosse giunto l'istante propizio. Soltanto il lontano e
malagevole porto di Piombino signoreggiato da Gherardo d'Appiano
sarebbe, forse, rimasto praticabile ai mercanti fiorentini; forse
perché il principe era troppo debole per resistere ad
un invito del Visconti a chiudere il suo porto. A ogni modo,
anche astraendo da altre considerazioni che vedremo, non sarebbe
stato disutile il premunirsi anche da questo lato di secondaria
importanza. Di qui l'astuta mossa del Visconti contro l'Appiano...
(R. Piattoli)
Sulle circostanze che precedono e accompagnano l'assassinio
di Alessandro Appiani Principedi Piombino, esiste ancora molta
incertezza. Le fila della congiura, il movente, i particolari
del reato, le persone stesse dei congiurati non furono posti
in quella chiarezza di luce, che sarebbe desiderabile nella narrazione
di un avvenimento storico, il quale, sebbene di secondaria importanza,
serve ad aggiungere una linea, sia pur sottile, ma fedele, al
gran quadro della vita italiana del Cinquecento. Ora noi ci proponiamo,
coi documenti qui annessi, prima, di accertare le questioni fino
ad oggi rimaste insolute o affatto trascurate; secondo, dar valore
d'affermazione a quelle non dubbie e soddisfare il legittimo
desiderio, inspirato ad imparzialità storica, di trascinar
quei complici, che si tennero nascosti nel retroscena, al pieno
chiarore della ribalta. Ci indusse a questo lavoro, che potrebbe
parere ed essere di rivendicazione, la buona sorte di possedere,
ceduti dalla rara gentilezza di un amico, che li aveva copiati
dagli archivi di Firenze, i quattro documenti in materia; aggiungi
la poca notorietà dell'argomento. Ed abbiamo per le mani
gli elementi di un vero dramma, fortunatamente ancora non sfruttato
dal romanziere e dal drammaturgo. Condizione favorevole a ricostruire
il fatto senza il pericolo di obbedire a preconcetti o simpatie;
reintegrando tal quale è, liberi da influenze rettoriche,
sulla guida unica e inoppugnabile del documento storico. Prima
di citarne la testimonianza, sarà bene delineare brevemente,
sotto gli aspetti più noti, la figura di questo Principe
e i tristi casi che lo concernono... (T. Smali.) |