EAN 9788866152620
DAGLI ALTIFORNI
A CARBONE DI LEGNA A QUELLI AL COKE di Portoferraio e (1902)
e Piombino (1905)
Carlo Pistolesi
pp. 48 ill. f.to 17x 24 anno 2023
€ 10,00
Collana Biblioteca di Storia n. 43
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DAGLI ALTIFORNI
A CARBONE DI LEGNA A QUELLI AL COKE di Portoferraio e (1902)
e Piombino (1905) |
Strumenti: la Rivoluzione industriale
e il ritardo italiano
La Rivoluzione industriale mosse i suoi primi passi in Inghilterra
e fu preceduta da quella agricola, basata su nuove tecniche e
sulla pratica delle “recinzioni” delle terre comuni.
Fu poi la lavorazione del cotone a farla decollare dopo la sintesi,
a partire dallo zolfo siciliano, dei prodotti sbiancanti e igienizzanti
della sua fibra.
Nel 1816, l’Inghilterra si confermò una potenza mondiale
grazie anche all’esportazione del cotone lavorato, ma la
siderurgia inglese non riusciva a tenere il passo della crescente
domanda di attrezzi di ferro per l’agricoltura e per l’industria
tessile, a causa della riduzione dei boschi necessari per alimentare
gli altiforni a carbone di legna.
Abram Darby, già nella prima metà del Settecento,
era riuscito a trasformare il litantrace in carbon coke per sostituire
il carbone di legna, ma i ricchi giacimenti inglesi di carbone
erano sommersi dall’acqua e non potevano essere raggiunti
senza una fonte energetica adeguata per abbassare, in modo permanente,
il suo livello.
James Watt, nel 1775, brevettò la macchina a vapore e
fu una sua applicazione che permise di azionare le grandi pompe
in grado di “mettere in vista” il carbone richiesto
dagli opifici e, solo allora, fu possibile sostituire il carbone
di legna con il carbon coke.
L’Inghilterra, con quelle innovazioni, conquistò
una posizione prevalente nella produzione mondiale di ghisa e
ferro, che fu rafforzata da altre decisive invenzioni, come la
locomotiva di George Stephenson, che fu presentata nel 1814,
ma che trovò concrete applicazioni solo a partire dal
1830. La disponibilità del carbone e dei minerali di ferro
consentì la costruzione di più efficienti telai,
aratri, ma anche di ponti, grandi opere, corazze, cannoni, navi
da guerra, mercantili, rotaie, carri e locomotive. Una disponibilità
di energia, che sembrò illimitata rispetto alla forza
motrice idraulica e a quella eolica.
Nel 1850, gli inglesi avviarono un formidabile piano di sostituzione
delle navi di legno con quelle di ferro, contando su una produzione
annua di ghisa da due milioni e mezzo di tonnellate.
Tra il 1830 e il 1860 l’industrializzazione coinvolse la
Francia, il Belgio, gli Stati Uniti, la Germania e più
tardi anche l’Italia. Il ritardo italiano fu provocato dalla
mancanza di capitali e di materie prime, anche se quest’ultimo
punto non sembra più essere un dogma indiscutibile ricordando
che fu grazie allo zolfo siciliano se l’Inghilterra riuscì
a sbiancare la fibra del cotone.
Più realisticamente si dovrebbe affermare che le materie
pri9
Carlo Pistolesi Dagli altiforni a carbone di legna a quelli al
coke
me sono importanti, ma non quanto la capacità di valorizzarle
con competenza, conoscenza, ricerca, innovazione e attitudine
imprenditoriale. Requisiti non troppo diffusi in una società
come quella del Regno d’Italia.
Dopo la produzione dell’acido solforico, anche quella della
ghisa e del ferro divenne un indicatore della forza economica
di un Paese e in Italia, tra il 1860 e il 1880, si fabbricavano
solo 20.000 tonnellate all’anno di ghisa usando ancora gli
altiforni a carbone di legna.
Si trattava di un’inezia.... CONTINUA NEL LIBRO
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