Ringrazio vivamente il sindaco Sergio Capoferri, per aver
voluto far conoscere il mio libro IL RAGAZZO CHE PERSE LA GUERRA
alla comunità di Adrara San Martino della quale sono stato
medico condotto negli anni decorrenti dal 1961 al 1972.
Di quegli anni, delle persone che ho conosciuto, ho conservato
sempre un commovente ricordo e pertanto volentieri presento il
mio libro come fosse una confessione di quel ragazzo che divenne
poco tempo dopo la laurea medico di Adrara.
Il libro, IL RAGAZZO CHE PERSE LA GUERRA, non è un diario,
una cronaca, un semplice racconto di una lontana gioventù,
ma propone una viva partecipazione ai sentimenti provati durante
la guerra, durante il passaggio del fronte e nell'immediato dopoguerra,
dal 1940 al 1945, nella Toscana.
Ci si potrebbe allora domandare: che significato può avere
parlare di eventi di settanta anni fa, di una terra divenuta un
vero campo di battaglia fra gli Alleati che risalivano la penisola
e i Tedeschi che si difendevano palmo a palmo sul terreno della
loro ritirata? Scrivendo questo libro ho voluto fare un elogio
di atti eroici, di imprese leggendarie?
No! Il ragazzo, sia pure iscritto come tutti i ragazzi di allora
alla Gioventù del Littorio, non perse la guerra perché
era un fascista convinto, ma perché vide crollare con l'andamento
disastroso del conflitto la sua Patria e alla fine, alla Liberazione,
raggiunta in quella zona della Toscana nel giugno del '44, non
vide realizzarsi la Pace. La colomba della Pace volò solo
sulle pagine dei giornali per propaganda!
Allora fra le opposte ideologie iniziò non una fattiva
collaborazione, ma una lotta anche violenta che provocò
nella società italiana una ferita, rimasta aperta fino
al giorno d'oggi, Essa ha impedito un vero progresso sociale e
la formazione di una vera Identità Nazionale. Quel ragazzo
seppe individuare il pericolo e fu portato dall'impulso giovanile
a compiere azioni che gli procurarono la perdita di affettuose
amicizie.
Il libro ha una sua attualità tant'è che la crisi
nella quale ci dibattiamo, pur senza bombe e cannonate e morti
e feriti, è stata paragonata da autorevoli interpreti della
politica a l'OTTO SETTEBRE del '43, il momento cruciale del crollo
dello Stato Italiano. Anche nel momento attuale tante certezze,
tante illusioni, tante vane speranze suscitate dal benessere degli
anni scorsi sono svanite e si potrebbe immaginare di essere ritornati
a un anno zero, come nel '43.
Di quegli eventi lontani della guerra i giovani ne avranno sentito
parlare dai loro padri e dai loro nonni, ma potranno riviverli
con più emozione dalle parole dei tanti personaggi incontrati
dal ragazzo nella solitudine della campagna dove suo padre faceva
il medico condotto e nella turbolenta comunità del Collegio
San Michele di Volterra dove frequentava le scuole superiori,
il ginnasio e il liceo.
E ora lascio la parola ai protagonisti del libro che si nascondono
dietro nomi di fantasia, ma che sono tutti realmente esistiti.
Chi, leggendo il libro, vorrà ascoltarli rimarrà
colpito, se non altro, dalla passione con la quale ciascuno difendeva
la propria verità.
VALENTINO VENTURI