La Pagina di: Giuseppe Mazzini
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9788890208805 Mazzini Giuseppe, L'Italia, l'Austria e il Papa,(Cura Andrea Panerini) -prefazione Zeffiro Ciuffoletti- p. 132 16,00 Bross. Mazziniana n.1 2° rist. 2011. I doveri dell'uomo cura Andrea Panerini.
L'Italia, l'Austria e il Papa Seconda edizione data alle stampe in occasione del 150° dell'Unità italiana.
Nuova Edizione del volume di Giuseppe Mazzini "L'Italia, l'Austria e il Papa." Il libro è un'analisi lucida e spietata della situazione italiana prima del 1860 e parla dell'etica dello stato e della politica, della moralità di un popolo riflessa nei governanti e dell'opportunità di un intervento armato per combattere la tirannide e l'oppressione straniera. Argomenti di una sconvolgente attualità che stanno facendo discutere numerosi studiosi.
Il saggio introduttivo all'opera è stato scritto dal professor Zeffiro Ciuffoletti, docente di Storia contemporanea all'Università di Firenze e studioso del Risorgimento.
L'Edizione è curata dal piombinese Andrea Panerini, che si occupa di Storia del pensiero politico e che, in appendice al testo, propone un breve lavoro sulle ricerche di Salvo Mastellone circa Mazzini scrittore politico in inglese.
Questo testo mazziniano, scritto in Inghilterra da Mazzini durante l'esilio e mai circolato singolarmente in Italia, viene riproposto dall'editore in occasione del bicentenario della nascita del grande pensatore genovese anche in considerazione del fatto che è stato a lungo dimenticato ed è introvabile sul mercato librario italiano.
"Non lasciate nel mondo a danno vostro l'idea che la Nazione, per la quale la schiavitù del negro è delitto, tolleri con indifferenze quella dei Bianchi, e che sviati da calcoli d'immediato guadagno materiale o acciecati da meschine divisioni di partiti politici, voi avete perduto il senso morale o il coraggio d'applicare logicamente le vostre credenze. (...) Quegli uomini sono i veri colpevoli. Dimenticarono che la Nazione lì chiamo al Parlamento non per sostenere in ogni circostanza uno o altro individuo, ma per sostenere ci ch'è giusto e combattere ciò ch'è ingiusto, senza riguardo a calcoli secondari. Dimenticarono che la salute dell'Inghilterra non dipende da pochi uomini ma dal grado di moralità ch'essa rappresenta. Un popolo morale trova sempre un governo degno di sé."
Zeffiro Ciuffoletti insegna Storia contemporanea presso la Facoltà di Lettere e Filosofia dell'Università di Firenze e si occupa da molti anni di Storia del Risorgimento (Cfr. Z. Ciuffoletti, Stato senza Nazione, Morano, Napoli, 1993; Id., Federalismo e regionalismo: da Cattaneo alla Lega, Laterza, Roma-Bari, 1994). Di recente ha pubblicato con Edoardo Tabasso una Breve storia sociale della comunicazione, Carocci, Roma 2005.
Andrea Panerini (1983), laureato in Storia contemporanea, studia presso la Facoltà valdese di Teologia a Roma in vista del ministero pastorale. Ha pubblicato numerosi volume di saggistica e di poesia tra cui si segnalano, oltre al presente volume, la curatela mazziniana del libro Dal Concilio a Dio e altri scritti religiosi (Claudiana, Torino, 2011) con prefazione di Paolo Ricca e la silloge poetica Litanie arabe (La Bancarella, Piombino, 2010).
Giuseppe Mazzini . Filosofia della musica con uno scritto di Antonello Lualdi "Il melodramma italiano"pp. 68 4,00 anno 2019 Collana e-book n. 2
Filosofia della musica con un saggio di Antonello Lualdi su: Il Melodramma Italiano. Ignoto Numini.
Chi scrive non sa di musica, se non quanto gli insegna il cuore, o poco più; ma nato in Italia, ove la musica ha patria, e la natura è un concento, e l'armonia s'insinua nell'anima colla prima canzone che le madri cantano alla culla dei figli, egli senteil suo diritto, e scrive senza studio, come il core gli detta, quelle cose che a lui paiono vere e non avvertite finora, pure urgenti a far sì che la musica e il dramma musicale si levino a nuova vita dal cerchio d'imitazioni ove il genio s'aggira in oggi costretto, inceppato dai maestri e dai trafficatori di note.
E i maestri e i trafficatori di note s'astengano da queste sue pagine. Non sono per essi. Sono pei pochi che nell'Arte sentono il ministero, e intendono la immensa influenza che s'eserciterebbe per essa sulle società, se la pedanteria e la venalità non l'avessero ridotta a meccanismo servile, e a trastullo di ricchi svogliati: per chi v'intravvede più che non una sterile combinazione di suoni, senza intento, senza unità, senza concetto morale: per gli in telletti, se pur ve n'ha, che non hanno rinegato il pensiero pel materialismo, l'idea per la forma, e sanno che v'è una filosofia per la musica, come per tutte le altre espressioni dell'intima vita e degli af fetti che la governano: per le anime vergini che sperano e amano, che s'accostano venerando alle opere dei grandi davvero, che gemono sull'ultimo pensiero di Weber, e fremono al duetto tra Faliero e Israello Bertucci, che cercano un rifugio nell'ar monia quando hanno l'anima in pianto, e un conforto, una fede quando il dubbio le preme: al giovine ignoto, che forse in qualche angolo del no stro terreno, s'agita, mentr'io scrivo, sotto l'ispirazione, e ravvolge dentro sè il segreto d'un'epocamusicale.
Forse ad anima di tempra siffatta, le seguenti pa gine torneranno non inutili affatto. Porranno sulla via del concetto rigeneratore, e convinceranno almeno più sempre, che, senza un concetto rigeneratore può la musica riescire artificio più o meno di
lettoso, non raggiungere intera l'altezza de' suoi de stini; inciteranno ad osare, e daranno, non foss'altro, un conforto alle lunghe tribolazioni che i pochi nati a creare hanno sempre compagne nel cammin della vita. Chi sente tutta quant'è la santità dell'Arte ch'egli è chiamato a trattare, ha bisogno, in que sti tempi di prostituzione e di scetticismo, che una qualche voce si levi a protestare per lui, e a gridargli «confida». Tra noi i potenti a fare non mancano. Manca, per questa atmosfera di materiali smo e di prosa che aggrava le anime giovani, un raggio di fiducia e di poesia che disveli ad esse le vie del futuro. Manca chi ripeta sovente agli ingegni nascenti il ricordo che un filosofo volea gli fosse ridetto ogni mattina da chi lo destava:
«Alzatevi, però che avete a compiere grandi cose»...... Giuseppe Mazzini
Giuseppe Mazzini . SCRITTI SU DANTE"pp. 62 4,00 anno 2019
Collana e-book n. 3
MAZZINI SCRITTI SU DANTE MAZZINI SCRITTI SU DANTE
Nella chiesa di Santacroce in Firenze, tra i nomi di molti grandi Italiani, un monumento, innalzato da non molti anni, porta il nome di DANTE ALLIGHIERI.
A Porciano, poche miglia lontano dalle fonti d'Arno, i contadini indicandovi la torre maggiore, vi dicono ch'ivi Dante fu prigioniero. In Gubbio, trovate una via che ha nome da Dante, e s'insegna con orgoglio una casa ov'ei fu. A Tolmino, presso a Udine, i montanari additano al viaggiatore la grotta ov'egli lavo rava, il sasso su ch'egli sedeva. In ogni città d'Italia, primo nome che vi s'affaccia allo sguardo, appena v'arrestate davanti all'invetriata d'un libraio, il primo ritratto che v'affascina l'occhio ogni qual volta voi guardate per entro a una bottega di stampe, è quello di Dante. Chi fu l'uomo, il cui nome è fidato alle memorie di tutto un popolo? Che fece egli per la Nazione che dopo cinque secoli e mezzo continua ad ammirarlo e a raccomandarne il ricordo alle generazioni che verranno? Pochi tra voi lo sanno. Alcuni hanno udito ch'ei fu potente Poeta, e ignorano perchè fu potente, quali idee lo animassero, qual fede lo dirigesse ne' suoi lavori. Nessuno forse sa ch' ei fu grande sovra tutti i grandi Italiani, perchè amò sovra tutti la Patria, e l'adorò destinata a cose più grandi che non spettano a tutti gli altri paesi. Nessuno sa che infelicissimo, ramingo, mendico, Dante conservò intatto fino all'ultimo giorno il pensiero che dominò la sua vita, e morì confortato, cinque secoli addietro, nella credenza che l'Italia sarebbe un giorno Nazione e direttrice una terza volta dell'incivilimento Europeo. Pure, qual forza non aggiungerebbe alla vostra fede il sapere che il più grande intelletto di tutta Italia, anzi di tutta Europa, era credente nella credenza che noi predichiamo, e tendeva allo scopo medesimo che noi oggi
cerchiamo raggiungere?
«Alzatevi, però che avete a compiere grandi cose»...... Giuseppe Mazzini
Giuseppe Mazzini Genio e tendenze di Tomaso Carlyle Collana e-book n. 3
GENIO E TENDENZE DI TOMASO CARLYLE
L'ultimo libro di Tomaso Carlyle m'offre una opportunità lungamente desiderata per esprimere un giudizio generale intorno a questo potente scrittore.
Io dico intorno allo scrittore, al suo genio e alle sue tendenze anziché intorno a suoi libri, perché l'idea che lo ispira mi pare assai più importante che non la forma della quale egli va rivestendola. In questo nostro periodo di transizione dal dubbio all'aspirazione, le vecchie idee muoiono e pesano sull'anima come sogni a mezzo la notte; le nuove s'affacciano belle di luminosi colori e seducenti di speranze, ma indefinite, imperfette, come sogni del mattino. Noi tentenniamo dubbiosi tra un passato oggi mai senza vita e un futuro la cui vita non s'è rivelata finora, in preda talora a profondo sconforto, talora animati di splendidi presentimenti e intenti a spiar tra le nubi una stella che possa dirigerci.
Ciascun di noi invoca, come Herder, agli istinti della coscienza un grande pensiero religioso che ponga fine allo scetticismo, una fede sociale che ci salvi dall'anarchia, una ispirazione morale che traduca quella fede in azioni e ci liberi da una oziosa contemplazione. Ciascun di noi guarda con ansiosa speranza segnatamente in quegli pochi negli quali i taciti sensi e le inconscie aspirazioni delle moltitudini si riflettono in armonia colle più alte intuizioni della coscienza individuale. La loro missione muta coi tempi. Negli periodi d'una attività tranquilla e normale, il pensatore somiglia a una stella che illumini e santifichi di pura e serena luce il presente: in altri e più tempestosi, il Genio è chiamato a precederci, quasi colonna di fuoco in deserto, e ad esplorare per noi le terre ignote dell'avvenire. E son questi i nostri.
Noi non possiamo in oggi contentarci di vivere cultori dell'Arte per sé e scherzare con suoni e forme e accarezzare i nostri sensi, ma ci sentiamo spronati in cerca d'una idea che valga a migliorarci e salvarci. La paziente rassegnazione colla quale un popolo ricordato da Erodoto2 ingannò coi dadi diciotto anni di carestia non è virtù se pur merita quel nome del secolo decimonono.
Per la natura degli suoi lavori e per l'indole speciale della sua mente, Tomaso Carlyle provoca l'esame ch'io mi propongo. Egli è mesto e grave: sentì fin da primi anni di studi il male che tormenta oggi il mondo e lo denunziò con alta intrepida voce.
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Amava, il sasso su ch'egli sedeva. In ogni città d'Italia,
primo nome che vi s'affaccia allo sguardo, appena v'arrestate
davanti all'invetriata d'un libraio, il primo ritratto che v'affascina
l'occhio ogni qual volta voi guardate per entro a una bottega
di stampe, è quello di Dante. Chi fu l'uomo, il cui nome
è fidato alle memorie di tutto un popolo? Che fece egli
per la Nazione che dopo cinque secoli e mezzo continua ad ammirarlo
e a raccomandarne il ricordo alle generazioni che verranno? Pochi
tra voi lo sanno. Alcuni hanno udito ch'ei fu potente Poeta, e
ignorano perchè fu potente, quali idee lo animassero, qual
fede lo dirigesse ne' suoi lavori. Nessuno forse sa ch' ei fu
grande sovra tutti i grandi Italiani, perchè amò
sovra tutti la Patria, e l'adorò destinata a cose più
grandi che non spettano a tutti gli altri paesi. Nessuno sa che
infelicissimo, ramingo, mendico, Dante conservò intatto
fino all'ultimo giorno il pensiero che dominò la sua vita,
e morì confortato, cinque secoli addietro, nella credenza
che l'Italia sarebbe un giorno Nazione e direttrice una terza
volta dell'incivilimento Europeo. Pure, qual forza non aggiungerebbe
alla vostra fede il sapere che il più grande intelletto
di tutta Italia, anzi di tutta Europa, era credente nella credenza
che noi predichiamo, e tendeva allo scopo medesimo che noi oggi
cerchiamo raggiungere?
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