PREFAZIONE
Ricetta deriva dalla parola latina recepta, participio
passato di recipere, ricevere, accogliere, preferibilmente prendere,
intesa come azione primaria, suggerita al lettore dai testi medioevali
di più ampia natura, al fine di intraprendere e portare
a compimento un determinato progetto. Nel corso del tempo, il
termine ha trovato una pressoché esclusiva corrispondenza
con il ristretto ambito culinario, delineando il documento contenente
la procedura per la realizzazione di un piatto, comprensivo della
lista di ingredienti necessari a tal fine, corredato da ulteriori
indicazioni, quali le dosi, i tempi, le modalità.
La cucina si è gradualmente estesa allintervento
indifferente di ogni singolo individuo, dotato, attraverso precise
e oggettive spiegazioni, delle capacità necessarie, richieste
nellesecuzione di una certa pietanza. La situazione attuale
vede la dilagante abitudine verso la presunzione di considerarsi
cuochi provetti, vantando, oltre a unintensa esperienza
sul campo, una fornitissima riserva di ricette, racchiuse in
scrigni di infinito sapere, reperibili in una qualsiasi edicola
di quartiere.
Abbandonando il fastidioso sarcasmo, inaccettabile se proposto
da chi, come me, fatica a scongelare i cibi pronti, figurarsi
anche solo concepire lidea di preparare qualsiasi altro
piatto, sarà interessante soffermarsi un attimo sullevidente
e innegabile trasformazione dellarte culinaria, sempre
più oggetto conosciuto e comprensibile, e inevitabilmente
materia privata delloriginaria limitata competenza. Al
pari di qualsiasi attività che da patrimonio di pochi,
diventa proprietà di molti, la cucina perde la compiaciuta
dote dellessere destinata a unélite. Lungi
da me attribuire a questo cambiamento una nota negativa, ma sensibile
lintento di riconoscerne comunque pericolosi aspetti. La
pratica culinaria, intrapresa da un sempre maggiore numero di
persone, può incorrere nella pessima tendenza a banalizzare
i risultati, attraverso ladeguamento passivo e comune della
mera esecuzione materiale, scevra del benché minimo intervento
personale. Questo latente guaio può essere facilmente
evitabile nel caso in cui la considerazione ordinaria e semplicistica,
che abbiamo della cucina, cambi decisamente rotta, riappropriandosi
delle qualità di cura, passione e follia, insite nella
natura stessa del sapere gastronomico.
Remo Bagnasco scrive una sorta di vivissimo romanzo, alimentato
dalla duplice volontà di avvicinare larte culinaria
al lettore, senza allontanarsi dallidea di essere inseriti
in un gioco privo di frettolosa superficialità, e lo fa
studiando la storia dellalimentazione medievale. Scelta
apparentemente polemica, contro coloro che intravedono nelletà
intermedia solo arretratezza e oscurità, si scopre una
felice rivelazione, caratterizzata da un periodo affatto statico,
al contrario, denso di intelligente creatività.
Viaggio nel gusto della storia propone un attraente invito, storico
e gastronomico, verso un periodo, colpevolmente sottovalutato,
che presenta più di un contatto con la realtà di
oggi. La disposizione eterogenea degli argomenti non confonde
il concetto principale espresso nel testo, ovvero la netta convinzione
di dover intraprendere lattività culinaria come
unesperienza di profonda intimità, ispirata da ricettari
antichi (ma di respiro così moderno!), plasmabili e adeguabili
alle moderne esigenze e ai personali desideri; anzi, la scelta
di rappresentare larte gastronomica allinterno di
un affresco non limitante e incentrato unicamente allambito
culinario, con notizie e racconti che vanno dalla realtà
locale di Piombino alle caratteristiche più generali del
Medioevo, risulta un interessante ed esaustivo incontro tra età
così distanti eppure tanto simili.
Bagnasco firma un accurato volume, lappassionata ma lucida
testimonianza da parte di chi, incline al corretto apprendimento,
ne ha fatto tesoro, riuscendo a far convivere passato e presente,
insegnamento e creatività, trasmissione e individuale
acquisizione, nella speranza di addurre il lettore al fervido
mondo della cucina, troppo spesso spogliato della propria entità
artistica e culturale.
Informazioni utili, licenze romanzesche, rigore storico, note
indispensabili, si alternano e uniscono, in un continuo percorso
di partecipe narrazione, impreziosita da concrete tracce gastronomiche,
attraverso le invitanti ricette offerte tra le pagine.
Ammettere di restare sedotti da questo palcoscenico di sapori
e colori e gusti pare una dichiarazione persino inutile e ovvia
e,
se anche non sarò in grado di realizzare le deliziose
polpette di carne de vitello o de altra bona carne, senzaltro
mi applicherò nel trovare qualche anima benevolente disposta
a regalarmi un tale piacere.
Francesca Lenzi |