Nel 1808 il giudice di Suvereto Francesco Fineschi, in una
sua relazione sul Principato di Piombino
durante il governo di Elisa Bonaparte Baciocchi (18051814),
informava che a Piombino «vi erano quattro Conventi uno
degli Agostiniani, altro dei Francescani, altro di San Giovanni
di Dio, ed il quarto delle Monache, sotto il titolo di Sant'Anastasia.
Questi quattro Tuguri d'Ozio convertiti sono a profitto migliore
della Società, come sarebbero Prefettura, Spedale, Istruzione
Pubblica, e Culto». Si avverte nelle parole di Fineschi
il profondo convincimento del cambiamento avvenuto sotto il governo
francese, della sua opera di modernizzazione del vecchio principato
rimasto estraneo alle vicende riformatrici che avevano interessato
il confinante Granducato di Toscana nel periodo leopoldino. Testimonianza
di tale cambiamento erano anche le innovazioni nella dinamica
sociale; sempre Fineschi scriveva che «gli abusi della
Feudalità sono finiti (
). La classe dei Bottegai
è arricchita notabilmente (
) Tutto spira rigenerazione
a perfezionarsi».Si imponeva quindi, fra le altre cose,
la costruzione di una nuova struttura sanitaria, secondo i più
moderni principi igienici. A Piombino esisteva già dal
1570 uno spedale voluto da Jacopo VI Appiani, signore
della città, affidato all'ordine religioso di S. Giovanni
di Dio per l'assistenza agli infermi, al quale fu dato il nome
dell'ordine unito a quello di S. Trinita. L'ospedale si occupava
soprattutto dei lavoratori stagionali che affollavano le campagne
e che cadevano facilmente ammalati di febbri malariche
e non; i frati stessi si occupavano di una prima assistenza,
ma lo spedale era in decadenza e in precarie condizioni igieniche.
La vecchia struttura fu giudicata non idonea dai nuovi governanti
(che progettarono di trasformarla in scuderie) e fu scelto invece,
per la nuova struttura ospedaliera, il convento di S. Anastasia
con l'annessa chiesa duecentesca di S. Antimo, che si trovava
proprio di fronte al mare, in vicinanza del porto. Il primo passo
era stato il decreto di soppressione degli ordini religiosi nel
1806
che liberò ampi spazi all'interno della città.
Fu il direttore dei lavori dello Stato, François Lavocat,
a coordinare i progetti
di riuso, fra cui nel 1809 quello di «construire un hopital
Civile et Militaire en meme tems» per una spesa di 50.000
franchi. Si andava verso quel risanamento territoriale, iniziato
con i tentativi di bonifica delle paludi costiereche tanto premevano
ai Baciocchi. Non a caso Lavocat e l'architetto Louis Guizot,
che progetterà direttamente il nuovo ospedale, scelsero
il convento di
S. Anastasia: era esposto ai venti marini, era luminoso, si trovava
in prossimità delle fonti pubbliche dette dei Canali.
Per quanto riguarda la struttura, in questo come in altri casi
di questo periodo e della Restaurazione, si preferisce ristrutturare
l'esistente (spesso si tratta di conventi soppressi) piuttosto
che costruire ex novo. Per l'ubicazione invece la scelta dei
due progettisti è condizionata anche dalle nuove concezioni
in fatto di igiene, unite all'idea dell'origine miasmatica di
molte malattie che potevano essere combattute solo con ventilazione
e luce abbondanti.
Non dimentichiamo che nel 1805 l'architetto Nicolas-Marie Claverau
(17551816) del Consiglio Generale degli Ospizi di Parigi
aveva riassunto le regole per la costruzione di nuovi ospedali,
regole che sembrano essere le stesse a cui si attengono Lavocat
e Guizot per Piombino: «bisogna, di preferenza, costruire
un ospedale sul declivio di un colle, in cui si trovino abbondanti
sorgenti di acqua buona» ed indicava altresì l'importanza
dei venti perdepurare e spazzare via 'gli odori malsani'».
Francesco Chiesi, ingegnere di Stato, richiesto.... CONTINUA
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