9788866150428
COLFERRO E COL VENTO Un viaggio siderurgico nell'Austria del
1820. p. 84 Ill. 16 F.to Col. 140B/N12,00 A5 Bross. Bib,
di Storia n. 13 2012 |
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Col ferro e col vento un viaggio sideurgico
nell'Austria del 1820 | Come in America...
Nella settimana fra il 31 agosto e il 6 settembre 1816 il granduca
di Toscana Ferdinando III, a cui il trattato di Vienna del 1815
aveva assegnato i territori del Principato di Piombino, decideva
di affidare la gestione degli opifici del ferro magonali e delle
miniere dellElba ad una società denominata Amministrazione
Imperiale e Regia delle Miniere e Magona (più brevemente
Regia Mista) che, in cambio di un canone annuo dovuto
allo Stato di 200.000 lire toscane, avrebbe dovuto gestire e
migliorare lintero settore siderurgico granducale. Limpresa
operava in regime di monopolio, ma non aveva piena libertà
dazione in quanto sottoposta al controllo di un commissario
di nomina granducale. I principali contraenti erano due finanzieri
fiorentini, Sebastian Kleiber e Cesare Lampronti, che si avvalsero
della consulenza produttiva di un terzo socio, il francese Louis
Morel de Beauvine, che fu la vera e propria anima delloperazione.
1
Compito più urgente per la Regia Mista era quello di rinnovare
gli impianti siderurgici, in particolare quello di Follonica:
lattenzione di Morel si appuntò soprattutto sulla
forma del forno fusorio e sulla macchina soffiante. Follonica
aveva un grande forno a sezione quadrata (detto alla bergamasca)
e uno più piccolo costruito nel periodo francese dallappaltatore
Alexandre Boury e che era già semirovinato. Si trattava
di sostituire il vecchio forno a sezione quadra con uno a sezione
rotonda in modo da ottenere un processo di fusione più
razionale ed un risparmio notevole in carbone. La stessa cosa
doveva avvenire con la costruzione di una macchina soffiante,
mossa dallenergia idraulica, che insufflasse aria asciutta
allinterno del forno stesso, invece delle vecchie trombe
idroeoliche che insufflavano aria umida, non permettendo alla
temperatura interna di mantenersi omogenea e consentire, quindi,
di ottenere un miglior prodotto fusorio. Questo anche in prospettiva
di ottenere una produzione quantitativamente e qualitativamente
migliore, compresi i getti in ghisa che già
si producevano in varie parti dEuropa con risultati talvolta
eccellentIl distretto siderurgico a cui guardava Morel era soprattutto
quello dellImpero Austriaco, non solo per motivi dinastici
legati al granduca di Toscana, ma anche perché alcune
regioni imperiali stavano attraversando un processo di modernizzazione
tecnologica nel settore minerario e siderurgico, dalla Stiria
alla Carinzia, dalla Boemia alla Lombardia prealpina. Lidea
di Morel era quella da lui dichiarata di «cercare e attivare
tutti i mezzi onde perfezionare e accrescere le lavorazioni del
ferro(
) mediante lintroduzione di nuove manifatture,
delle macchine, metodi e miglioramenti conosciuti e giù
sperimentati nelle ferriere estere, applicabili a quelle della
Toscana». |
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EAN 978-88-6615-021-3 Arrigoni
Tiziano, LA PICCOLA PATRIA, STORIA DI ELVEZIO CERBONI PARTIGIANO
p. 150 ill. 16,,00 Bross., Bib. Di Storia n.10 2008 |
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La piccola patria,
storia di Elvezio Cerboni partigiano |
«A difesa della libertà conquistata
da loro per la piccola patria
Vincenti per qualche giorno
vincenti per tutta la vita».
(Attilio Bertolucci)
Non sono uno storico della Resistenza. Mi sono
avvicinato alla storia umana di Elvezio Cerboni con la curiosità
per le vicende di questa nostra Italia, storie complesse di uomini,
di ambienti, di piccole città, in cui la storia locale
finisce per essere, insieme agli altri innumerevoli tasselli,
biografia di una nazione. La vicenda umana e politica di Cerboni,
infatti, si svolge, salvo rare eccezioni, in un territorio piuttosto
ristretto, una piccola patria fatta di boschi, miniere, borghi,
ma che è sentita come parte integrante del territorio
nazionale.
La storia del giovane garibaldino Elvezio Cerboni
è una di queste biografie della nazione, con leroismo
della quotidianità che diverrà, alla fine, un atto
di eroismo pubblico. Elvezio era un giovane che avvertiva lingiustizia
del fascismo anche attraverso la lettura degli avvenimenti del
Risorgimento, che gli apparivano vivi: non dimentichiamo che
gli anni che dividevano gli anni Trenta del Novecento dagli ultimi
eventi del Risorgimento erano più o meno quelli che ci
dividono oggi dalla Resistenza. Senza voler fare collegamenti
deterministici, non si può fare a meno di notare come
la scelta di personaggi come Elvezio di impegnarsi nella lotta
di liberazione contro i tedeschi e i fascisti sia stata strettamente
legata, con gli opportuni aggiornamenti, alla dimensione risorgimentale,
in una sorta di collegamento ideale che voleva creare unItalia
più libera e più giusta, come quella che sognava
lala democratica, mazziniana o garibaldina che fosse, del
primo Risorgimento.
In questo senso Elvezio Cerboni fu uno dei primi a scendere in
campo in Italia. Il 23 settembre, quando in Italia regnava ancora
il caos che seguì larmistizio dell8 settembre
ed i fascisti non si erano ancora riorganizzati, Elvezio era
già alla macchia, a Massa Marittima, con alcune decine
di giovani che, come lui, volevano rinnovare la lotta risorgimentale
contro il tedesco invasore.
Di questa banda, tuttavia, non rimane traccia nelle storie nazionali
della Resistenza che magari privilegiano formazioni più
piccole e che si erano formate più tardi: i ragazzi
della Torre così si definivano questi giovani avevano
forse precorso troppo i tempi.
Nella figura di Elvezio mi ero già imbattuto più
volte: nella memoria di Massa Marittima resta, nelle generazioni
più anziane, la figura del povero Elvezio,
come si dice quando una persona conosciuta se ne è andata
troppo presto. È stato lincontro con Giorgio Cortigiani,
piombinese, impegnato politicamente, appassionato della Resistenza
per motivi familiari e civili, a pormi nuovamente davanti il
personaggio di Elvezio, spesso citato nelle storie locali della
Resistenza, ma mai veramente studiato nella sua dimensione biografica.
È stato come incontrare di nuovo una persona già
conosciuta, familiare, conoscenza che si è rafforzata
con la lettura della corrispondenza privata che mi è stata
data dal figlio di Elvezio, Bruno Cerboni.
È stato un viaggio nella piccola patria delle
Colline Metallifere, in un periodo che ci restituisce un pezzo
di quellItalia civile e progressista, troppo spesso dimenticata
da unItalia egoista e retriva. Ho affrontato il personaggio
di Elvezio senza retorica, sottolineandone gli aspetti umani
e i luoghi da lui frequentati. Daltra parte basta guardare
la sua foto più conosciuta, quella in cui sorride spavaldo,
sfidando il mondo: solitamente le fotografie dei partigiani morti
sono foto tessere sbiadite, lo sguardo fisso, già pronto
per il monumento funebre e per la celebrazione. Invece Elvezio
con la sua risata ci spiazza e ci sfida: io ho fatto la mia parte
per avere un Italia migliore sembra dirci
ora tocca a voi.
continua nel libro..... |
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9788889971849 Arrigoni Tiziano, In viaggio con Garibaldi. Dall'Adriatico
al Tirreno fino a New York, p. 214, ill. 20,00 F.to 20
Col. 121 B/N. Bross. Bib di storia n. 3 2010. |
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In viaggio con
Garibaldi, dall'Adriatico al Tirreno fino a New york, |
Tiziano Arrigoni In viaggio con Garibaldi, dall'Adriatico
al Tirreno fino a New york, 1849. con 20 foto a colori
-122 foto in b/n 21 foto d'epoca del Museo Civico del Risorgimento
di Bologna. Formato 22x 22 p. 214. 20,00
in allegato
abstract.
Il libro ripercorre la vicenda del percorso (o trafila) compiuto
da Giuseppe Garibaldi da Comacchio alla Maremma, dopo la fine
della Repubblica Romana del 1849. Lepisodio è rimasto
a lungo nellimmaginario collettivo, immaginario politico
ed emotivo in cui Garibaldi ha avuto un ruolo fondamentale.
Largomento è stato certamente più volte trattato
in pubblicazioni riferite a particolari aspetti (epigrafie) o
a particolari località. Il nostro libro ripercorre sulla
pagina e sul territorio lintero percorso, con documentazione
di ieri e di oggi e con considerazioni su quanto si può
osservare oggi nei luoghi toccati da Garibaldi stesso.
Garibaldi, infatti, si muoveva in territori pieni di cose
e persone: personaggi di varia estrazione sociale,
paesaggi diversissimi, oggetti (spesso oggetti che lui lasciava
a chi lo aiutava), abitazioni: un paesaggio sociale e fisico
che la stessa presenza di Garibaldi contribuiva a costruire in
modo nuovo nella mente delle popolazioni.
Quindi per noi abituati al virtuale, un viaggio nel
reale territoriale in quella fascia dellItalia
mediana che va dalla Romagna alla Maremma, per certi versi territori
speculari.
Litinerario
tocca : Comacchio Le Mandriole Sant Alberto-
Capanno del Pontaccio - Ravenna - Borgo San Rocco, Forlì-
Terra del Sole Colmano- Dovadola Modigliana
Palazzuolo sul Senio Santa Lucia dello Stale- Barberino
di Mugello Vaiano Prato Poggibonsi
Pomarance Larderello- Massa Marittima Scarlino
/Follonica Chiavari- Genova- La Maddalena. Tangeri- New
York. |
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Ean 9788866152888
HOLLYWOOD IN MAREMMA
Tiziano Arrigoni
pp. 60 ft. A5 Ill. B/N anno 2024
10,00
Collana Cinema n. 2 |
Arrigoni Tiziano, Come in America. La maremma e
la frontiera, p. 154 f.to 17x 24 ill. 16,00 Bross.,
Bib. Di Storia n.1 2023
nuova edizione disponibile
dal 19 settembre 2023 |
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HOLLYWOOD IN MAREMMA |
«Quindici anni fa - scriveva Calvino - prevedevamo
tutto, tranne una cosa: che il mondo sarebbe entrato in una fase
di bella époque. Adesso ci siamo dentro in pieno. C'è
il boom economico, un'aria di cuccagna, ognuno bada ai propri
interessi», 1 scongiurando la minaccia di una nuova Sarajevo,
che questa volta sarebbe stata atomica.
Ho voluto vedere questa trasformazione dall'ottica particolare
di un paesino della costa toscana, Castiglione della Pescaia,
all'alba del boom turistico che lo avrebbe trasformato nel giro
di pochissimi anni in una località del turismo balneare
tirrenico, conosciuta in tutto il mondo.
È il momento della rivoluzione della modernità
che parte indicativamente dal 1957, anno in cui a Castiglione
venne girato un film hollywoodiano da lanciare sul mercato internazionale,
Raw Wind in Eden di Richad Wilson. Non c'è un rapporto
di causa ed effetto diretto e Castiglione non sarà trascinata
nel boom dall'immaginario cinematografico, come avvenne invece,
negli stessi anni, in un paesino della costa francese, per molti
aspetti paragonabile fino ad allora a Castiglione e cioè
Saint Tropez.
Raw Wind in Eden (Vento di passioni) così si intitolava
il film, sottolineando quell'eden', una sorta di 'paradiso
terrestre' intatto come dovevano fare apparire al pubblico americano
questo angolo di Maremma. Se ne ricordano ancora, come di un
evento straordinario, Roberto Temperani, ex titolare del bar
della piazza del municipio di Castiglione della Pescaia, e il
taxista Giovanni Ficcadori, allora ragazzi. «Non so se
vi ricordate che alle Rocchette girarono un film con Esther Williams,
c'erano anche Jeff Chandler e Rossana Podestà: non c'era
ancora Roccamare, né Riva del Sole, non c'era nulla» |
Come in America
L a Maremma e la frontiera | Come in America...
UNA MAREMMA DA RISCOPRIRE PER VIVERE MEGLIO IL NOSTRO FUTURO.
Maremma, un termine che indica, già nella sua accezione
di nome comune, la sua dimensione di territorio paludoso e selvaggio,
in cui lequilibrio acqua-terra appare quanto mai precario.
La Maremma toscana è infatti una delle tante regioni costiere
mediterranee in cui il regime delle acque appariva confuso, in
cui il paesaggio appariva dominato da paludi, incolti e boschi.
Le acque del mare e quelle dei fiumi finivano spesso per mescolarsi
con effetti profondi sul territorio maremmano soprattutto per
quanto riguarda il popolamento stabile di questa area, fino alle
grandi bonifiche idrauliche otto-novecentesche: lo stesso assetto
e la stessa evoluzione coinvolgevano altri territori del Mediterraneo,
dalla bassa valle del Guadalquivir alla Camargue, dalle pianure
della Macedonia alla costa orientale della Corsica.1
In unarea come la Toscana conosciuta nel mondo per le sue
colline, coi loro celebri poderi, le ville e i paesi che
sono quasi città, nella più commovente campagna
che esista (per usare una nota definizione di F.Braudel),
la presenza di un territorio come quello maremmano doveva apparire
come un corpo estraneo. La progressiva conquista
della pianura attraverso lopera di bonifica fece percepire
la Maremma come una frontiera interna, una terra
da civilizzare e da annettere, dal punto di vista dellassetto
fisico, al resto della Toscana, che divenne lesempio concreto
di ciò in cui la Maremma doveva trasformarsi.
Se accettiamo la differenza che esiste nella lingua inglese fra
confine e frontiera ( border
e frontier), la seconda definizione appare particolarmente
indicata per definire la Maremma a partire dalla seconda metà
del Settecento, ma in particolare dalla prima metà dellOttocento.
La frontiera, infatti, non nasce solo da considerazioni geografiche,
ma anche sociali, in quanto è qualcosa in continua
evoluzione, non è un dato certo; è quindi
un concetto che accetta più facilmente di essere
modificato nel momento in cui si modificano le condizioni
che lhanno determinato, nel nostro caso le condizioni fisiche
e sociali della Maremma.2
La frontiera stessa diventa un elemento dellidentità
della Maremma e nello stesso tempo ne sottolinea la diversità.
Lo storico F.J.Turner, riferendosi agli Stati Uniti, scriveva
che è alla frontiera che lintelletto americano deve
le sue caratteristiche più spiccate. La rudezza e la forza
combinata con lacutezza e la curiosità.
Non a caso lo stesso Turner, per elaborare la sua idea di frontiera,
aveva utilizzato lAnalisi della proprietà capitalistica
delleconomista italiano Achille Loria (1889)che vedeva
nella terra libera un potente motore per lo sviluppo economico
di una nazione. Lo stesso Loria scrisse nel 1894 a Turner affermando
di essere stato colpito dal suo ammirevole studio sulla funzione
della frontiera nella storia americana. 3
Non è un caso che le suggestioni legate alla bonifica
leopoldina, dalla prima metà dellOttocento, facessero
riferimento proprio alla realtà americana, alla conquista,
sia pure molto diversa, del West, al wilderness e, appunto, alla
frontiera.4 Risulta valida anche per questo periodo lacuta
osservazione di Letizia Bindi, pur se riferita ad altro contesto
(quello dei mass-media del secondo Novecento) la Maremma viene
narrata come terra di frontiera una frontiera
tutta interna, eccezionale, proprio perché apparentemente
così centrale, sul piano meramente geografico, al territorio
nazionale , ma pur sempre frontiera. E i suoi abitanti
(
) sono, proprio sulla scorta di questa associazione, facilmente
paragonati a dei pionieri , impegnati nellopera
di sottrazione del territorio aspro e impervio al dominio della
natura.5
Non a caso LHermite en Italie di M.de Jouy, descrizione
dellItalia del 1824-25, parlando della Maremma faceva riferimento
ad unaltra frontiera mobile, definendola la Siberia italiana.6
Gli stessi abitanti, stanziali o immigrati, anche stagionali,
che vivevano in queste aree o superavano la linea mobile della
frontiera maremmana erano anchessi diversi o lo divenivano
agli occhi di chi abitava nella Toscana civilizzata:
gli immigrati stagionali pistoiesi in Maremma venivano definiti
indistintamente maremmani, a prescindere dalla loro origine;
la breve permanenza faceva loro assumere le caratteristiche morali
e fisiche di chi abitava oltre la frontiera .
I boscaioli che, arrivata la primavera, negli anni Venti ritornavano
in treno verso la montagna pistoiese, dopo mesi di duro lavoro,
«venivano scansati dai viaggiatori» racconta
un testimone diretto «perché sudici e facevano
odore di selvatico (anche quelli più ordinati e puliti).»
«Qui no, ci sono i maremmani» diceva una signorina
alle sue amiche «andiamo in unaltra carrozza».
7
Il carattere rude, selvaggio dei maremmani, strettamente legato
allo stesso carattere della natura che li circondava, era al
tempo stesso un elemento dellimmaginario romantico, che
finiva spesso per mitizzare una realtà ben più
dura, che cercava di idealizzare costumi primitivi o presunti
esotici a poche centinaia di miglia dalla civiltà industriale:
è il caso, solo per rimanere nellEuropa meridionale,
della Corsica e dellAndalusia.8
Alla dimensione romantica, al buon selvaggio di Maremma, seguì,
nella seconda metà dellOttocento, la nascita di
ciò che definisco la maremmanità ossia
di unidentità fatta di immagini, che spesso scadevano
nello stereotipo, che dovevano accompagnare la storia della Maremma
almeno fino ai primi decenni del Novecento. Unidentità
nata nel mondo delle grandi tenute (i Gherardesca, i Corsini,
i Vivarelli, ecc.), in gran parte riconvertite alla mezzadria
nella seconda metà del secolo, ma che conservavano ancora
vaste aree di incolto, paludi e boschi, che dovevano costituire
lo scenario ideale per le grandi cacciate dei proprietari cittadini.
SEGUE NEL LIBRO |
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AUSTRIACI AL MUSEO MAGMA
Il gemellaggio tra il Magma (Museo delle Arti in Ghisa della
Maremma) di Follonica e quello di Radwerk IV di Vordernberg in
Austria vive, mercoledì 13 aprile, unaltra storica
giornata dopo quella del 2015, quando fu sancita lalleanza
culturale tra i due importanti musei metallurgici europei.
Alle ore 17 Barbara Catalani, assessore alla cultura follonichese
e il prof Gerhard Sperl, delluniversità di Leoben,
presenteranno lo stato dellarte tra il passato e
il presente della siderurgia europea collegati alle potenzialità
dei due musei di archeologia industriale, anche per coniugare
produzione e rispetto dellambiente.
Unimportante sinergia avviata diversi anni fa dal prof.
Tiziano Arrigoni con il suo viaggio siderurgico in Stiria e Carinzia
sulle orme di quello intrapreso nel 1820 da Louis Morel. Un percorso
di studio che il Morel, allora reggente della Regia Mista
con i soci fiorentini Kleiber e Lampronti, fece per migliorare
la resa dei forni follonichesi. Itinerario siderurgico
ben descritto da Tiziano Arrigoni nel suo libro Col Ferro
e col Vento (la Bancarella Editrice Piombino, 2012).
Nella foto: il prof. Sperl a Follonica, accanto la busto di
Leopoldo II°, durante il gemellaggio del 2015 |
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