La Pagina di: Raoul Gianviti

 

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9788866150053 Gianviti Raoul (prefaz. Alex Zanotelli), Ogni uomo è mio fratello, Volti,storie di Korogocho, p. 142 ill. Bross. Nuovi autori n. 20 2011.
Raoul Gianviti, “the Pilot”, nacque ad Ancona il 17 marzo 1932 ed è volato in cielo per sempre dalla sua casa di Grosseto il 2 agosto 2000. Oggi avrebbe avuto poco meno di ottanta anni ed ancora un cuore di bambino. Fu, fin da giovanissimo, pilota di aerei, prima militare e poi civile, prestando, in ultimo, servizio nella nostra compagnia di bandiera. Ha avuto tante case in tanti luoghi della Terra, ma solo la baracca di Korogocho è stata la sua vera casa. L’incontro con i poveri e gli ultimi cambiò in maniera irreversibile la sua vita e anche quando tornava nel tepore del suo studio e nelle comodità della sua casa, il suo pensiero, il suo cuore ed il suo tempo erano tutti per i suoi amici della baraccopoli.

Raoul non era uno scrittore, fu condotto a scrivere dal desiderio di far “parlare” i volti dei poveri e di comunicare la grande esperienza di amore, di sofferenza, di gioia e di amicizia che viveva ogni volta che scendeva laggiù… nel cuore della sofferenza umana. Per questo ha trascorso gli ultimi momenti della sua vita scrivendo forse con uno stile non perfetto, ma con una grande capacità di comunicare i suoi sentimenti e di risvegliare i nostri.

Ogni uomo è mio fratello, Volti,storie di Korogocho

Dalla PREFAZIONE

di Alex Zanotelli

Raoul, “the Pilot”, come tutti lo chiamavano, è stato per me uno straordinario compagno di viaggio nei dodici anni passati a Korogocho, una delle tante baraccopoli di Nairobi, la capitale del Kenya.
Lo incontrai per la prima volta nella casa dei missionari comboniani a Nairobi, sulla Ngong Road, nel 1990. Raoul era venuto in Kenya per vedere se poteva essere utile, come pilota, per il trasporto di viveri in Somalia, che allora come ora era in piena crisi. Quando comprese che in Somalia non ci poteva proprio andare, volle esplorare altre possibilità. Raoul chiese ai comboniani di potermi vedere. Ero da poco approdato a Korogocho. E fu così che ci incontrammo. Lui conosceva già tutto di me, per le vicende legate alla rivista Nigrizia. Fu un incontro di grande densità. Rimasi subito colpito dalla sua straordinaria umanità e dalla sua vivissima intelligenza e prodigiosa memoria: «D’ora in avanti, sarò uno di voi!»- così mi salutò. Gli lasciai la prima ‘Lettera agli amici’, che avevo scritto da Korogocho. Il giorno dopo me lo vidi arrivare nella mia baracca a Korogocho. «Ho letto la tua lettera» - mi disse - «e ne sono rimasto folgorato.» Mi abbracciò piangendo come un bambino. Da quel giorno non sono più riuscito a ‘liberarmi’ di Raoul.
Korogocho, questa spaventosa baraccopoli dove in un km2 sono costretti a vivere centomila abitanti, divenne la sua patria e la gente dello slum il suo popolo; i più poveri e i più indifesi i suoi preferiti. Essendo stato pilota dell’Alitalia si poteva permettere di venire a Korogocho almeno due-tre volte all’anno. Si faceva poi portare con il taxi dall’aeroporto a Korogocho. Si fermava a volte una settimana, a volte due. La gente guardava stupita quel muzungu (bianco) arrivare in taxi. Ma la sua umanità conquistò subito tutti. Amava parlare, dialogare, ma non conosceva il kiswahili, la lingua franca che ti permetteva di comunicare nella babele linguistica di Korogocho. Conosceva solo le parole essenziali in... continua nel libro...


 Il Kenya è il luogo dove si svolgono queste “vite quotidiane” narrate da Raoul. Dove i missionari sentono che è importante porre dei segni, dei gesti perché anche questi fratelli hanno un Abbà... L’essenziale qui è dare dignità ai poveri».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 
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