Prefazione dell' Editore
Il lavoro, questo bistrattato tema, è scomparso
da tempo dalle prime pagine dei giornali e dei mass media, salvo
quando ci sono manifestaziani eclatanti come suicidi o violenze
o arrampicate sui tetti. È finito il tempo in cui la classe
operaia contava qualcosa nel paese e nei partiti, ora conta solo
la finanza, lo spread, i Ftse Mib. Inoltre con
la globalizzazione si è esportata la produzione, ma non
i diritti e le conquiste dei lavoratori necessarie per creare
una nuova società di eguali, come inneggia il famoso inno
dei lavoratori «Su lottiamo! L'ideale nostro fine sarà
l'internazionale futura umanità».
Nonostante tutto questo, il lavoro ha ancora una sua centralità
e una sua dignità che va rispettata e riscoperta.
Francesco Masangui si colloca in quest'ottica, con questi scatti
di uno sciopero «tranquillo» ma pieno di emozioni,
paure, speranze e la dignità di sapersi non arrendere
mai al destino, o a chi vuole distruggere il futuro solo per
miseri tornaconti.
«Il lavoro è innnazitutto un atto tra l'uomo e la
natura» come diceva Marx, perciò una presenza necessaria
allo sviluppo del mondo. Del lavoro non se ne potrà mai
fare a meno, cambieranno le forme del lavoro ma non la sua funzione
creativa. Cambieranno i lavoratori, il loro modo di lavorare,
ma pur sempre lavoratori resteranno, nonostante che un certo
pensiero politico ed economico pensi di poter fare a meno di
loro.
Ecco che Francesco immortala alcuni di questi lavoratori, non
durante lo svolgimento della loro mansione ma nel momento in
cui tentano di salvare il loro posto messo in pericolo da miopie
economiche politiche, egoismi pecuniari, giochi di borsa o semplicemente
da incompetenze delle classi padronali che non sanno mettersi
al passo con i tempi.
I volti e le espressioni di questi lavoratori sono motivo di
meditazione per chi guarda, sia per come sono stati fotografati,
sia per i sentimenti che esprimono, di speranza, delusione, orgoglio,
dignità.
Queste foto sono un segno indelebile tracciato nella storia,
sia della nostra città, che del mondo e a cui gli spettatori
possono guardare con rispetto ed empatia e prenderle a esempio
per non arrendersi «ad un inverno dello spirito che
vedo venire», come diceva Simone de Beauvoir.
Henry |