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9788889971369
Arrigoni Tiziano, Come in America. La maremma e la frontiera,
p. 208 A5, ill. 20,00 Bross., Bib. Di Storia n.1 2008. |
Arrigoni Tiziano, Come in America. La maremma e la frontiera,
p. 154 f.to 17x 24 ill. 16,00 Bross., Bib. Di Storia n.1
2023 nuova edizione disponibile dal
19 settembre 2023 |
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Maremma, un termine che indica, già
nella sua accezione di nome comune, la sua dimensione di territorio
paludoso e selvaggio, in cui lequilibrio acqua-terra appare
quanto mai precario. La Maremma toscana è infatti una
delle tante regioni costiere mediterranee in cui il regime delle
acque appariva confuso, in cui il paesaggio appariva dominato
da paludi, incolti e boschi. Le acque del mare e quelle dei fiumi
finivano spesso per mescolarsi con effetti profondi sul territorio
maremmano soprattutto per quanto riguarda il popolamento stabile
di questa area, fino alle grandi bonifiche idrauliche otto-novecentesche:
lo stesso assetto e la stessa evoluzione coinvolgevano altri
territori del Mediterraneo, dalla bassa valle del Guadalquivir
alla Camargue, dalle pianure della Macedonia alla costa orientale
della Corsica.1
In unarea come la Toscana conosciuta nel mondo per le sue
colline, coi loro celebri poderi, le ville e i paesi che
sono quasi città, nella più commovente campagna
che esista (per usare una nota definizione di F.Braudel),
la presenza di un territorio come quello maremmano doveva apparire
come un corpo estraneo. La progressiva conquista
della pianura attraverso lopera di bonifica fece percepire
la Maremma come una frontiera interna, una terra
da civilizzare e da annettere, dal punto di vista dellassetto
fisico, al resto della Toscana, che divenne lesempio concreto
di ciò in cui la Maremma doveva trasformarsi.
Se accettiamo la differenza che esiste nella lingua inglese fra
confine e frontiera ( border
e frontier), la seconda definizione appare particolarmente
indicata per definire la Maremma a partire dalla seconda metà
del Settecento, ma in particolare dalla prima metà dellOttocento.
La frontiera, infatti, non nasce solo da considerazioni geografiche,
ma anche sociali, in quanto è qualcosa in continua
evoluzione, non è un dato certo; è quindi
un concetto che accetta più facilmente di essere
modificato nel momento in cui si modificano le condizioni
che lhanno determinato, nel nostro caso le condizioni fisiche
e sociali della Maremma.2
La frontiera stessa diventa un elemento dellidentità
della Maremma e nello stesso tempo ne sottolinea la diversità.
Lo storico F.J.Turner, riferendosi agli Stati Uniti, scriveva
che è alla frontiera che lintelletto americano deve
le sue caratteristiche più spiccate. La rudezza e la forza
combinata con lacutezza e la curiosità.
Non a caso lo stesso Turner, per elaborare la sua idea di frontiera,
aveva utilizzato lAnalisi della proprietà capitalistica
delleconomista italiano Achille Loria (1889)che vedeva
nella terra libera un potente motore per lo sviluppo economico
di una nazione. Lo stesso Loria scrisse nel 1894 a Turner affermando
di essere stato colpito dal suo ammirevole studio sulla funzione
della frontiera nella storia americana. 3
Non è un caso che le suggestioni legate alla bonifica
leopoldina, dalla prima metà dellOttocento, facessero
riferimento proprio alla realtà americana, alla conquista,
sia pure molto diversa, del West, al wilderness e, appunto, alla
frontiera.4 Risulta valida anche per questo periodo lacuta
osservazione di Letizia Bindi, pur se riferita ad altro contesto
(quello dei mass-media del secondo Novecento) la Maremma viene
narrata come terra di frontiera una frontiera
tutta interna, eccezionale, proprio perché apparentemente
così centrale, sul piano meramente geografico, al territorio
nazionale , ma pur sempre frontiera. E i suoi abitanti
(
) sono, proprio sulla scorta di questa associazione, facilmente
paragonati a dei pionieri , impegnati nellopera
di sottrazione del territorio aspro e impervio al dominio della
natura.5
Non a caso LHermite en Italie di M.de Jouy, descrizione
dellItalia del 1824-25, parlando della Maremma faceva riferimento
ad unaltra frontiera mobile, definendola la Siberia italiana.6
Gli stessi abitanti, stanziali o immigrati, anche stagionali,
che vivevano in queste aree o superavano la linea mobile della
frontiera maremmana erano anchessi diversi o lo divenivano
agli occhi di chi abitava nella Toscana civilizzata:
gli immigrati stagionali pistoiesi in Maremma venivano definiti
indistintamente maremmani, a prescindere dalla loro origine;
la breve permanenza faceva loro assumere le caratteristiche morali
e fisiche di chi abitava oltre la frontiera .
I boscaioli che, arrivata la primavera, negli anni Venti ritornavano
in treno verso la montagna pistoiese, dopo mesi di duro lavoro,
«venivano scansati dai viaggiatori» racconta
un testimone diretto «perché sudici e facevano
odore di selvatico (anche quelli più ordinati e puliti).»
«Qui no, ci sono i maremmani» diceva una signorina
alle sue amiche «andiamo in unaltra carrozza».
7
Il carattere rude, selvaggio dei maremmani, strettamente legato
allo stesso carattere della natura che li circondava, era al
tempo stesso un elemento dellimmaginario romantico, che
finiva spesso per mitizzare una realtà ben più
dura, che cercava di idealizzare costumi primitivi o presunti
esotici a poche centinaia di miglia dalla civiltà industriale:
è il caso, solo per rimanere nellEuropa meridionale,
della Corsica e dellAndalusia.8
Alla dimensione romantica, al buon selvaggio di Maremma, seguì,
nella seconda metà dellOttocento, la nascita di
ciò che definisco la maremmanità ossia
di unidentità fatta di immagini, che spesso scadevano
nello stereotipo, che dovevano accompagnare la storia della Maremma
almeno fino ai primi decenni del Novecento. Unidentità
nata nel mondo delle grandi tenute (i Gherardesca, i Corsini,
i Vivarelli, ecc.), in gran parte riconvertite alla mezzadria
nella seconda metà del secolo, ma che conservavano ancora
vaste aree di incolto, paludi e boschi, che dovevano costituire
lo scenario ideale per le grandi cacciate dei proprietari cittadini.
SEGUE NEL LIBRO |
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